Aiutare gli altri grazie alla forza di volontà e alla passione per il lavoro che si svolge. Questo anche quando il nemico da affrontare è un mostro sconosciuto, chiamato Coronavirus. Per questo Valentina Susana, a soli quarant’anni, è stata insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica. Originaria di Mel, da una decina d’anni residente a Paderno, è infermiera coordinatrice dei reparti di Malattie infettive e Pneumologia presso il “San Martino” di Belluno.
Cosa può raccontarci dei momenti iniziali?
«È stato un periodo impegnativo per tutti. Infermieri, oss e medici hanno lavorato in prima linea con il paziente, bardati con i dispositivi di protezione individuale (dpi) per molte ore al giorno, una tutela necessaria che però ha reso tutto più faticoso. La grande fatica è stata sicuramente quella della gestione della solitudine cui sono stati costretti i pazienti, lontani dai propri affetti. Poi l’aspetto organizzativo ha richiesto un grande sforzo per elaborare protocolli, logistica, percorsi, il trasferimento di reparti per permettere l’apertura, in poche ore, di aree Covid e l’addestramento del personale. Tutto ciò è stato il frutto di un lavoro sinergico con la direzione e con tutto l’ospedale, incluse le sedi periferiche ».
Come è avvenuta la trasformazione dei reparti?
«In pratica dobbiamo immaginare corsie diverse, pulite e sporche, divise da nastro colorato. Percorrevamo quelle sporche per accedere alle stanze dei pazienti positivi “bardati” con i dpi, prestando attenzione a evitare la diffusione del virus. Inoltre si doveva essere cauti nell’ottimizzare l’utilizzo dei dispositivi. Le manovre erano precise, richiedevano tanta attenzione e concentrazione; eravamo quasi “fobici” in pulizia, sanificazione ed igiene».
Come vi siete organizzati?
«Abbiamo dato vita a un gruppo potenziato rispetto all’organico normale, perché, di fatto, l’assistenza ai pazienti contagiosi con insufficienza respiratoria richiedeva un drastico aumento di personale. L’equipe è stata così formata da esperti che, grazie alla loro flessibilità e accoglienza, hanno accolti i nuovi con entusiasmo e motivazione, dando vita a un gruppo coeso».
È diventata simbolica la foto, mostrata sui media, dell’infermiera di Cremona, ritratta sfinita a fine turno. Realtà o è montatura mediatica?
«Purtroppo era tutto vero. Gli occhiali solcavano i volti e si appannavano, le tute facevano sudare. Si lavorava per molte ore al giorno, senza sosta. Grazie al supporto del servizio di psicologia ospedaliera abbiamo effettuato incontri di defusing , tecnica di pronto soccorso emotivo, con incontri utili per poter decomprimere gli alti livelli di stress. Tante volte ho pensato di non farcela, ma in quei momenti ho capito cosa significasse fare squadra. Ringrazio infatti il gruppo di professionisti per la forza e il sostegno dimostrati in ogni momento. Questo riconoscimento va solo simbolicamente a me, ma corona il lavoro di tutti».