Jean Pierre Rousseau è un pittore nato a Parigi il 13 marzo 1939 di rilevanza internazionale, testimoniata dalle circa 150 mostre in Francia, Paesi Bassi, Monte Carlo, Algeria, Spagna, Argentina, Stati Uniti, Israele, India, Thailandia, Hong-Kong, Giappone, Costa Rica, Messico, Canada, Italia, ecc. Egli è molto affezionato anche al territorio bellunese da quando, il 25 marzo 1988, fu organizzata un’esposizione nel municipio di Santa Giustina con una “Via crucis” che poi donerà alla chiesa di Paderno. Altre sue opere si trovano nel Museo Diocesano di Arte Sacra di Feltre, nel Seminario Gregoriano di Belluno, a Ignan, nel Vescovado di Belluno, sempre frutto di una generosità che lo contraddistinguerà anche in tante altre occasioni.
Uno stile decisamente originale
Lo stile di J. P. Rousseau si pone sulla scia dell’impressionismo e del post-impressionismo francesi rielaborati con originalità. Egli unisce, infatti, come facevano Renoir e soprattutto Degas, il non- finito con la definizione accurata soprattutto dei volti. Il suo disegno da un verso sembra condividere, con alcune linee marcate che attraversano i dipinti, il cloisonnisme di Paul Gauguin, che traeva ispirazione dai contorni scuri, di “chiusura” delle forme, presenti nelle antiche vetrate gotiche, dall’altra come Degas traccia delle linee estremamente dolci e delicate. La tavolozza dei colori è ricca e varia, con stesure di vario tipo, spesso non finite, che creano una suggestiva alchimia cromatica simile a quelle dell’ultimo Tiziano anticipatore dell’impressionismo. Il suo stile non è però puro virtuosismo formale ma è in vista di un intenso contenuto umano e spirituale che l’esame pur sommario di alcune stazioni della Via Crucis di Paderno permetterà di scoprire.
Alcune stazioni
Nella quarta stazione Gesù incontra sua Madre verso la quale volge uno sguardo di una straordinaria intensità emotiva. Egli sembra, infatti, più preoccupato del dolore che involontariamente le sta arrecando più che del suo. Essa quasi non lo fissa ed è impietrita nel suo dolore, quasi un’anticipazione di quello stabat mater, di quell’essere immobile sotto la croce di un inno medioevale. È profonda però l’unione dei loro cuori in un dolore che, essendo condiviso, diventa più facile da sopportare, come evidenziano le tante linee curve che li uniscono prima che vengano affrontate fino in fondo quelle spigolose della croce che è lì accanto.
Nella decima stazione Gesù è spogliato delle vesti tra alcuni soldati cinici ed indifferenti. Le forti e marcate tensioni che attraversano il dipinto sembrano l’eco delle flagellazioni che essi hanno inflitto, dimentichi che quanto stanno facendo è ancora più umiliante per quel condannato che sta esponendo il suo corpo nudo e virginale al ludibrio. Cristo mantiene un atteggiamento composto e rassegnato, ma pare quasi condividere le altre umiliazioni che verranno inflitte a tanti corpi anche giovani, nel corso dei secoli, purtroppo anche da parte di alcuni dei suoi discepoli.
Nella tredicesima stazione Gesù è deposto dalla croce, circondato da chi gli è stato fedele, in particolare da sua Madre, che appoggia il capo alla croce, con un’angoscia che non è però disperata, dalla Maddalena, con l’abito rosso simbolo del suo amore e, sulla sinistra, da altri discepoli. Sullo sfondo sono ancora appesi, dipinti in stile impressionista, i due altri condannati mentre davanti c’è ancora una croce vuota che forse attende i nuovi crocifissi della storia per i quali Cristo continuerà a portare un messaggio di speranza dal suo calvario anticipatore della Pasqua di resurrezione.