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Trichiana terra di ministri

caso unico nella storia della Repubblica straordinario per la provincia di Belluno

Trichiana terra di ministri

caso unico nella storia della Repubblica straordinario per la provincia di Belluno

Chi l’avrebbe mai detto? due ministri bellunesi nella stessa squadra di governo, entrambi di Trichiana. Incredibile ma vero. Molti erano gli italiani davanti al televisore la sera di venerdì 12 febbraio, quando l’incaricato Premier Mario Draghi saliva al Colle per sciogliere la riserva. La curiosità generale era tanta nell’apprendere i nomi dei Ministri, coloro che, nella struttura della nostra Democrazia, agiscono per conto del Parlamento nei vari dicasteri. Per dirla nel nostro dialetto, visto che di terra bellunese si parla:“Chi che menestra i schèi”.
Il nome di Federico D’Incà è stato letto per primo. “Se è stato riconfermato anche con il Governo Draghi”, abbiamo pensato, “mal no l’avarà fat”: è un ministro senza portafoglio, ma par noi bellunesi “ne va pì che ben!”. Avere una presenza nella “stanza dei bottoni” è più che un privilegio. Poi la lettura della lista dei Ministri è proseguita, tra nomi noti e non, fintantoché l’attenzione degli italiani si concentrava sul nome del nuovo ministro dell’economia. Daniele Franco! Solo i ben informati, e sicuramente molti paesani di Trichiana, sapevano chi fosse, ma la stragrande maggioranza degli italiani (e dei bellunesi) ne ignoravano l’esistenza. Non certo i giornalisti Rai che, cinque minuti dopo, lanciavano al TG1 il servizio su questo “belumat doc”, nato a Trichiana, chiamato proprio a “menestrar i schèi” in questo momento davvero difficile.

L’orgoglio dolomitico si è fatto subito sentire. In piazza a Trichiana il sabato mattina successivo era un brulicare di giornalisti anche delle principali testate nazionali, in cerca di curiosità e testimonianze: sì, perché il fatto aveva generato curiosità. «È un grande orgoglio per tutti gli abitanti di Borgo Valbelluna e un messaggio di grande speranza per tutti i bellunesi» ha esordito il sindaco Stefano Cesa. «Mi son ndat a scola con lu al liceo Galilei de Belun» commenta soddisfatto Michele Reolon. Un altro signore mostra una foto che lo ritrae da bambino a giocare assieme al neoministro Franco in piazza a Trichiana. La sorprendente notizia positiva dei due ministri bellunesi ha riempito di aspettative tutto il mondo politico e imprenditoriale della provincia. Le affermazioni più comuni sono un mix tra prospettive alettanti e voglia di riscatto, occasione per superare l’isolamento politico e istituzionale. Siamo tutti applaudenti, ma sarebbe un errore scaricare le nostre frustrazioni politico-sociali accumulate in anni e anni di insuccessi, chiedere realizzati i nostri progetti incompiuti riposti nel cassetto ai due protagonisti della scena politica. Dobbiamo essere realisti: il futuro è nelle nostre mani e dipende soprattutto da noi bellunesi residenti. Iniziando a superare le divisioni, cominciando a ragionare come provincia nel suo insieme e non per valli e territori, puntare su pochi ma determinati obiettivi, facendo squadra. Il “corporativismo” territoriale è stato uno de freni allo sviluppo della nostra provincia e, se non lo debelliamo noi, crediamo che né Federico D’Incà né tantomeno Daniele Franco potranno far molto.

Daniele Franco

Nato nel 1953 a Trichiana, Franco riveste dal 2019 il ruolo di direttore generale della Banca d’Italia. Dopo la laurea in Scienze politiche a Padova, ha frequentato diversi master (in organizzazione aziendale a Padova, in economia all’Università di York, in Gran Bretagna). Entra in Bankitalia nel 1979, dove viene assegnato al Servizio Studi fino al 1994. Fino al 1997 è consigliere economico alla Direzione generale degli affari economici e finanziari della Commissione Europea. Nel frattempo, presiede il gruppo di lavoro di finanza pubblica del Sistema europeo di banche centrali.

Come ricorda il “Corriere della sera” (L’Economia, Dall’Asén, 12 febbraio 2021) “il bellunese era balzato agli onori della cronaca già un anno prima quando, ancora come ragioniere generale dello Stato (dal maggio 2013 al maggio 2019), intento a far le pulci ai conti pubblici, aveva attirato gli strali di Luigi Di Maio, che aveva detto di non fidarsi di lui…Del resto, la figura del Ragioniere di Stato è piuttosto peculiare e forse solo in Italia il responsabile dell’ufficio della contabilità generale dello Stato ha tanto potere”.

Federico D’Incà

Residente a Trichiana, è sposato con Laura e ha una figlia. Si laurea in economia e commercio presso l’Università di Trento. È analista di sistemi di gestione informatici in una società privata fino al 2013. È consigliere della Fondazione Italia USA.

Alle elezioni politiche del 2013 viene eletto Deputato per il Movimento 5 Stelle. Dal dicembre 2013 è capogruppo dello stesso Movimento alla Camera dei Deputati. Nel marzo 2015 diviene presidente del gruppo parlamentare M5S. Nel 2016 ricopre il ruolo di vicepresidente della Commissione Parlamentare di inchiesta per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Rieletto nel 2018 sempre con i 5 Stelle, viene nominato questore della Camera dei deputati. Fa parte, tra le altre, della Commissione Bilancio, tesoro e programmazione e del Comitato per la comunicazione e l’informazione esterna.

Dal settembre 2019 ricopre l’incarico di Ministro per i Rapporti con il Parlamento del Governo Conte II; in ottobre riceve anche la delega alla Riforme.

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