Din, din, den, den, din, din, don… questo era il dolce tintinnio delle campane nei tardi pomeriggi dei giorni che precedevano qualche festa grande, come la ricorrenza del patrono, oppure in occasione di qualche altro Santo da celebrare.
E così a San Gregorio si è pensato di ripristinare questa vecchia usanza in occasione del Santo patrono ricorrente il giorno 3 settembre. Alcuni volontari, dopo oltre 40 anni di questa tradizione dimenticata, si sono attivati per rimettere in funzione le campane per il suono del “campanò” mediante il diretto suono del “batocio” tirato manualmente a mezzo delle funi. Grande ed apprezzata è stata la sorpresa da parte dei sangregoriesi nel risentire questo suono ritmico e soave ormai dimenticato da molti anni, ma ancora più grande è stata la sorpresa degli organizzatori nel vedere l’interesse (oltre alla curiosità) di alcuni giovani che si sono alternati per una decina di giorni in cima al campanile per imparare questa vecchia tecnica del suono.
Parecchia gente del paese, sia nei giorni precedenti la festa del patrono, sia la sera dopo la S. Messa in onore di San Gregorio, sono rimasti con il naso all’insù a guardare questi “suonatori” di campanò e ad ascoltare queste vecchie melodie del passato a cui se ne sono aggiunte delle nuove proposte dai giovani.
Nel passato questo scampanellio così semplice, intonato, con un susseguirsi di note alternate, dettate dal repentino cambiamento del battito del “batocio” su di una campana e poi sull’altra, diffondeva questo suono da cui si intuiva il calore della sagra paesana, di quel momento di unione, della possibilità di fermare il tran-tran del lavoro quotidiano nei campi per ritrovarsi in chiesa e poi sulla piazza a fare quattro chiacchiere assieme, oppure per gli uomini di trascorrere qualche ora all’osteria per fare una partita a carte o alla “mora”.
Ora che viviamo in un’era più tecnologica e frenetica siamo dimentichi di queste tradizioni, ma fare qualche passo nel nostro passato ci aiuta sicuramente a non scordare le nostre origini.