È stato lì a lungo, con il musetto girato a fissarlo, così racconta il fotografo che ha immortalato il cucciolo di camoscio nella foto di copertina, rapito a tal punto dallo sguardo del piccolo da considerare quello scatto tra i più preziosi della sua raccolta. Forse il Boat (nome dialettale) era semplicemente un ragazzino curioso e un po’ ingenuo oppure sapeva che quel signore si inteneriva con lui come con i cuccioli d’uomo che lo aspettavano a casa.
Innegabile il fascino di uno sguardo e la sua potenza! Come gli animali sanno guardare fissi negli occhi, così fanno i bambini piccoli, capaci di puntare i loro occhietti tondi dritti e fermi in faccia a chi hanno davanti. Col tempo la fretta, la diffidenza sociale, la volontà di apparire in un ruolo, la vicinanza/distanza portata dalla tecnologia… fanno perdere all’uomo il prezioso linguaggio degli sguardi, attraverso i quali passano le emozioni, i pensieri autentici e il sentire profondo che non si comunicano con le sole parole.
Adesso però che la voce si trova imbavagliata e stretta tra le labbra nascoste dalla mascherina, ci troviamo a recuperare nella nostra memoria genetica quest’antico linguaggio degli occhi che gli animali conservano perché abbiamo percorso lunghi pezzi di strada comune.
La mascherina, segno concreto di rispetto sociale oltre che di protezione personale, è diventata così anche la cornice del nostro sguardo. Dove non arriva la voce arrivano gli occhi, e anche oltre, perché “Davanti agli occhi di una bestia crolla qualunque sistema filosofico“ (Luigi Pirandello).