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SGRÈOLE

Le era pronte par Vendre Sant nela botega de Vitorino

SGRÈOLE

Le era pronte par Vendre Sant nela botega de Vitorino
Le Sgrèole di Vittorino Naldo - Piz di Sospirolo

“Sgrěěěě, Grêêgrêê,
Grœgrœ, Grôngrôn!”
Signori: state “leggendo” un concerto di sgréé o sgréole, sgréolere, sgréoloi, ranela, racôle.

Leggetelo con attenzione perché quest’anno non è stato possibile sentirlo dal vivo. Lo chiamano sgréa o sgréola l’attrezzo in legno, usato dai ragazzi, formato da un manico, con in testa una ruota dentata. Sulla ruota, si appoggia un’appendice di legno, una parte della quale fa rumore ogni volta che, girando, incontra un dente della ruota. Se tante assieme, “ecce concentus!”.

Fino a “ieri”, proprio nel triduo della Settimana Santa, questi rumorosi strumenti, non proprio musicali, avevano il loro momento – sì, è davvero appropriato dirlo – di “Gloria”, quando si sostituivano al suono delle campane, nel mesto rito di rompere il silenzio. Si diceva che il baccano volesse significare il frastuono, fatto dai Giudei durante la cattura del Cristo. In realtà con il frastuono, si pensava, fin dai tempi pagani, di allontanare gli spiriti maligni!
Tutto aveva inizio il Giovedì Santo durante la Messa in Cena Domini. Per incanto, la chiesa si riempiva di ragazzi con le sgréé in mano. I chierichetti si infilavano intanto in sacrestia a prepararsi per essere in prima fila attorno all’altare, aspettando impazienti che arrivasse il momento del “Gloria”.

L’attrezzo, che stava riposto durante tutto l’anno e ricompariva solo durante la settimana santa, fragorosamente esplodeva in un baccano impressionante! Il momento si ripeteva il giorno successivo, quando apriva le processioni del Vendre Sant, e si concludeva il Sabato Santo nella chiesa spoglia e scura, all’intonazione del Gloria che rompe il silenzio per annunciare la Resurrezione del Cristo.

Quest’anno le sgréé sono rimaste nei ripostigli, nei sottoscala e nella bottega di Vittorino Naldo di Piz di Sospirolo, tutte eccezionalmente mute. Nessuno le ha agitate la sera del Venerdì Santo. Eppure anche quest’anno, come da ormai 50 consecutivi, Vittorino aveva preparato le sgréé ai ragazzi che le avevano prenotate da tempo.
“Famela bela granda, de noghèra! Mi la oi piciola sinò la me sbat sui denoci e me fàe mal!”. Prima di lui le preparava il padre, Gigetto Naldo.

Come da tradizione Vittorino ne aveva preparate ben quindici, tante erano le prenotazioni.

“Bisogna usar legn de foia, come frassen (frassino), hariesér (ciliegio), noghêra (noce), ròre (rovere), tuti legn duri. Doperar tuti i retài che la falegnameria scarta, ma che con questi arte, i torna ad aver ‘na so bela dignità. Me pare al le féa an cin pì rustighe; mi, doperando le machine, le me gnèn an poc pì bele. Ma al rochèl quel bisogna farlo a man co’ i scarpei e le sgubie (e l’arte del mastro falegname, ndr). Al rochèl al è – come par le cane dell’organo – al tôc pi importante. Po’ bisogna vardarle e alora te capìs se le ha bisogn de an contrapeso pì pesante par girar meio e pì forte. Così ghe infile an tondin de fer e po al quate con al so tap de legn. Mi – come me pare- le fàe col cor e co’ la pasion par questo no le ha prezo e mi le regale, ma an pato però. Se te me l’ha domandada, mi la parece par temp! Ma ti te ha da gner a ciorla masimo al di de Vendre Sant la matina, parchè te ha da sonarla par nostro Signor che l’è mort. Se te te desmentega, no sta gner sabo Sant; mi te la conserve sì, ma par l’an prosimo!”

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