A lui è intitolato il campo sportivo di Trichiana, anche se in realtà il calcio non rientrava tra i suoi sport preferiti. Però per quel rettangolo di erba verde si era impegnato anima e corpo e così il nome “Serafino Barp” è meritatamente e indelebilmente impresso su una targa all’esterno degli spogliatoi. Mi racconta di lui la moglie Elettra che per 33 anni è stata al suo fianco nella vita e nel lavoro.
Chi era Serafino?
«Serafino ha vissuto solo 55 anni, ma molto intensamente sia a livello lavorativo che sportivo. Sicuramente col suo temperamento vulcanico avrebbe potuto dare ancora molto, purtroppo il destino ha voluto diversamente. Era il primo di tre figli di una famiglia trichianese di umili origini, ed è riuscito a diplomarsi perito edile lavorando in estate per pagarsi gli studi. A quei tempi si diventava maggiorenni a 21 anni, perciò, fermamente deciso ad aprire un suo ufficio, è andato a Venezia per farsi anticipare la maggiore età».
Come vi siete conosciuti?
«Dopo il disastro del Vajont con un amico aveva messo in piedi anche uno studio a Longarone e la mole di lavoro era talmente grande che ad un certo punto si era reso necessario trovare una segretaria. Su suggerimento di un suo ex compagno di scuola, mio vicino di casa, mi sono presentata. Ho ottenuto così il posto e in seguito anche il suo cuore tanto che nel 1965 ci siamo sposati. Tre anni più tardi eravamo già genitori di Beppi e Toni, nati a 17 mesi di distanza uno dall’altro. Nel frattempo a Trichiana era sorta la Ceramica Dolomite e Serafino è stato contattato per un posto da impiegato. L’ho consigliato di accettare perché quel lavoro presentava molti vantaggi, quindi è diventato capo dell’ufficio acquisti e in seguito capo del personale. Finita questa esperienza si è poi dedicato esclusivamente al suo ufficio di Trichiana».
So che oltre al lavoro Serafino coltivava molti altri interessi.
«Tantissimi, forse troppi. L’unica cosa che mio marito non faceva era dormire. Per il resto aveva una moltitudine di impegni e di passioni che lo tenevano perennemente occupato. L’amore più grande era verso lo sport, in particolare la corsa e lo sci di fondo. Aveva a cuore soprattutto la promozione tra i giovani, sostenendo fermamente che fare sport fosse un diritto di tutti e dovesse essere gratuito per le famiglie con scarse possibilità economiche, mentre chi poteva permetterselo doveva pagare. È stato uno dei fondatori della Pro loco, della quale è stato anche presidente. Si è interessato personalmente dell’acquisto dei terreni su cui sorge l’attuale campo sportivo, ha donato i progetti e messo insieme un gruppo di volontari che hanno lavorato per costruire gli spogliatoi.
Forse pochi sanno che proprio da qui ha preso avvio la sagra di Melere: in buona fede e convinto che, per amicizia, il lavoro venisse svolto gratuitamente o a modico prezzo, mio marito chiamò una ditta per gli scavi. Quando però arrivarono i conti da saldare, di soldi non ce n’erano. Erano gli anni in cui le sagre andavano per la maggiore ed ebbe così l’idea di imbastirne una attraverso la quale appianare i debiti contratti. Valutò che Melere fosse un posto strategico e lì venne allestito un piccolo bancone dove si vendevano pane, salame formaggio, e vino. Fu un successo: le cambiali furono ben presto pagate e in breve Melere divenne una delle sagre più frequentate della provincia. Ha presieduto per molti anni il Csi bellunese lasciandovi un’impronta indelebile, tanto che il Campionato provinciale di corsa campestre porta il suo nome. Negli anni 80 con Cirillo Grandelis ha ideato il Cross Pradelle, gara che per una ventina d’anni ha richiamato in Cadore atleti famosi da tutto il mondo. Per la promozione del fondo di cui era un grande appassionato ha dato vita al “Gruppo fondisti Poiana”. Nella sua intensa vita è sempre stato presente nei più svariati ambiti e non solo in quelli prettamente sportivi: la parrocchia, il “Festival delle Voci Nuove”, “Brusa la Vecia” a Milano… Era un uomo che amava la compagnia e l’allegria, benvoluto e stimato e di questo affetto nei suoi confronti ho avuto grande testimonianza all’indomani della sua scomparsa, avvenuta il 26 settembre 1998».
I figli hanno ereditato la stessa passione per lo sport del padre?
«Certo, sia Beppi che Toni hanno sempre praticato attività sportive con costanza, pur senza risultati eccelsi. Quelli stanno invece arrivando dai nipoti, che purtroppo Serafino non ha mai conosciuto, ma di cui sarebbe sicuramente orgoglioso. È curioso vedere come la gente associ immediatamente i successi dei ragazzi al nonno, segno che la sua figura è ancora ben presente in tutti quelli che lo hanno conosciuto».