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Semenàr patate do tei Salét

crisi di oggi, crisi d'allora

Semenàr patate do tei Salét

crisi di oggi, crisi d'allora

Oggi è passata a trovarmi zia Eleonora e, dopo un po’, la discussione cade sulla crisi di questi tempi. Le viene spontaneo fare dei paragoni con i tempi di crisi che ha vissuto lei da giovanissima, quando ancora andava a scuola.

Erano gli anni che precedevano il secondo conflitto mondiale e la vita, anche nel territorio di Santa Giustina così come nel circondario, risultava essere alquanto dura, in particolare nell’ impienir la tola.

«Per chi non aveva terreni da coltivare c’era una possibilità,quella di recarsi in Comune e fare richiesta di un appezzamento del demanio giù nei salèt, verso il greto del torrente Cordevole» racconta la zia.

Quindi anche voi avete fatto questo passo? «Sì, tuo nonno Bepi ha preso un pezzetto giù verso il ponte di Bribano dopo la roia, quella che passa vicino al campo sportivo, e doveva pagare una piccola quota. Non essendoci però del denaro, prestava la sua opera come stradin nella pulizia dei fossi e tagliando l’erba attorno ai paracarri di pietra (quelli bianchi con la fascia nera), sulle strade principali, con la Todt del Comune. La prima operazione è stata di togliere i numerosi sassi, che ha usato per fare un piccolo muretto a secco alto un 20-30 cm. circa, creando così una specie di recinzione».

Descrivimi una giornata tipo di allora. «Beh, il periodo era il mese di aprile: ci si alzava presto per riassettare prima la casa e verso le 8 si arrivava sul posto. Si vangava dopo aver sparso del letame che i contadini del posto ci fornivano (1 o 2 carriole), si tirava poi uno spago da un lato all’altro del campetto e una dopo l’altra si facevano le combine. Nell’ operazione successiva si tagliavano le patate in tre o quattro parti, lasciando almeno un germoglio su ogni pezzo. Si posavano poi nei solchi (20 cm circa di profondità) e ogni tre passi mettevamo anche 5 fagioli. Con il tallone li si premeva e con gesto veloce del piede si ricopriva tutto. Nel punto di semina dei fagioli si piantavano le frasche per permettere alla pianta di arrampicarsi e crescere».

Ti ricordi altri dettagli? «Sì, per irrigare il campo si prendeva l’acqua dal Cordevole, là a due passi. Verso le 11 andavo a cercare legna sul greto (quella portata dalle piene) e vicino al campetto improvvisavo con quattro grossi sassi un larin, vi appoggiavo la caliera con l’acqua della roia che allora era potabile e preparavo la polenta per mezzogiorno. Se l’acqua della roia non ci pareva pulita, si prendeva l’acqua dalla fontana che si trovava dove ora c’è la pensilina della fermata della Dolomitibus a ridosso della ferrovia. Alla polenta si abbinava prevalentemente il formaggio che il nonno barattava in cambio di aiuto a chi raccoglieva il fieno dai prati andando a restelàr. In altre occasioni riscaldavo invece il minestrone che tua nonna preparava il giorno prima in casa».

Continua pure, la cosa è assai interessante… «Sicuramente il lavoro non finiva lì. Infatti, in seguito, si tornava giù periodicamente per togliere le erbacce e dare terra alle piante e bagnare sempre con l’acqua o della roia o del Cordevole. La raccolta veniva fatta tra i mesi di luglio-agosto e la resa era di quattro/cinque ceste. Caricate su un carretto che io e tuo padre spingevamo fino a casa, là venivano depositate nel canevin in mezzo alla sabbia per tenerle al buio in maniera che non germogliassero, così duravano tutto l’inverno».

Ma in quella zona i nonni non avevano altri terreni? «Sì, tuo bisnonno Osvaldo, papà della nonna Maria, dopo 6 anni di lavoro nella lontana America, al ritorno aveva acquistato una porzione di terreno a nord del campo sportivo, che ora è seminato dalla famiglia Collostide. Quel terreno rendeva molto perché aveva più terra e meno ghiaione; infatti oltre le patate e i fagioli, anche il mais trovava spazio e le sue canne sostituivano le frasche per sostenere le piante dei fagioli».

Per finire, una curiosità: in questo campo, in mezzo alle combine, spesso facevano il nido delle tacchine e con nostra gioia a volte trovavamo delle uova che servivano a fare delle ottime torte di patate, formaggio e cipolle.

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