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Riserva alpina di caccia di Limana

tutela del territorio e partecipazione

Riserva alpina di caccia di Limana

tutela del territorio e partecipazione

La caccia è un’attività che da tempi immemori accompagna l’essere umano, ma che è mutata profondamente nel tempo con l’evolversi del contesto socio-culturale. Fino a non molti anni fa si trattava di un vero e proprio mezzo di sussistenza, fondamentale per poter sopravvivere. Insomma, si cacciava per fame e per necessità, anche nel dopoguerra. E i cacciatori di oggi chi sono? Dimenticate il vecchio tesserino, oggi parliamo di persone formate e informate, che seguono continui corsi di aggiornamento e addirittura svolgono un esame integrativo per la zona Alpi se praticano attività venatoria in provincia di Belluno. La Riserva Alpina di Caccia di Limana ne è un esempio.

Le attività
Ad oggi, la Riserva conta 45 soci ed è presente sul territorio sin dagli anni 20, anche grazie all’apporto di nuovi ragazzi giovani che si uniscono all’associazione ogni anno. Il gruppo porta avanti numerose attività a tutela del territorio, delle attività locali e della comunità, sia su aspetti ambientali che faunistici. Le collaborazioni con la Provincia e con il Comune di Limana sono molte. Ogni anno vengono organizzate una decina di uscite di ripristino ambientale e pulizia su aree comunali, come ostelli, aree picnic e il sentiero Buzzati per citarne alcuni, e l’apertura sentieri in collaborazione con Alpini e Protezione Civile. Tra le recenti attività la nuova tabellazione dei sentieri nella zona alta del Comune, che continuerà nella zona bassa. Non mancano i contatti con la Pro loco, con le griglie durante la sagra di Limana, ma anche durante la appena svolta Magnalonga.

Dal turismo alle scuole
«Noi, insieme agli Alpini, non siamo dei ristoratori come gli altri partecipanti» spiega il presidente Manolo Cibien, «ma vogliamo supportare concretamente il turismo in montagna a Valmorel». Un’altra importante attività è il recupero della fauna investita. Il referente è sempre reperibile, giorno e notte, e riceve la segnalazione direttamente dai Carabinieri. Ma grande soddisfazione per i cacciatori deriva anche dall’attività didattica con le scuole. «Negli anni abbiamo portato i bambini nei boschi e insegnato loro nozioni di base sulla fauna locale, come distinguere impronte, fatte, nidi, e soprattutto quale comportamento tenere quando si va nel bosco, per stare in sicurezza e per non danneggiare l’ambiente, quindi non buttare immondizie, non rompere nidi o funghi per gioco, avere rispetto della montagna» continua il presidente. «Con i nostri finanziamenti cerchiamo inoltre di dare contributi concreti al di fuori dei confini comunali in caso di situazioni di emergenza o cataclismi. Abbiamo anche acquistato e donato alle scuole di Limana una lavagna Lim».

La caccia oggi
Per quanto riguarda l’attività venatoria, i cacciatori operano in stretto rapporto con l’agricoltura per il controllo della fauna selvatica. In questo periodo soprattutto per il controllo del cinghiale che sta avendo un aumento esponenziale e creando danni enormi a coltivazioni, superfici montane e pascoli. Per il resto della fauna, ha tutto inizio dal censimento della specie presenti sul territorio.

In base ai risultati, l’Ispra – istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – comunica quanti capi e con quali caratteristiche specifiche abbattere per mantenere la popolazione in un determinato territorio. L’obiettivo è evitare la sovrappopolazione, causa di denutrizione e malattie tra gli animali, oltre all’eccessivo sfruttamento del suolo. Inoltre c’è anche la questione della sicurezza stradale: troppi capi aumentano il rischio di incidenti.

«È una materia molto complessa e delicata che segue schemi precisi e specifici per ogni specie. Ogni popolazione ha una struttura a piramide che non va destrutturata, serve una grandissima competenza per questo. Inoltre, collaboriamo con la Provincia per le attività anti bracconaggio».

«La caccia è un po’ solitaria e un po’ di gruppo» racconta ancora Cibien. «Alcune caccie vanno a perdersi, come quella alla lepre. Ma è naturale, mentre una volta si tenevano puliti i prati, ora il bosco si è ripreso la montagna, e anche l’agricoltura è variata. Cambiano gli habitat e di conseguenza cambia anche la fauna. Nel dopoguerra si cacciavano per il 90 per cento lepri e uccelli, negli anni 80 si è iniziato con i primi caprioli, poi il cervo e per ultimo il cinghiale».

«È un concetto difficile da capire e facile da strumentalizzare, ma la pratica venatoria si fonda su valori, passioni e cultura. Ci consideriamo manutentori e regolatori del nostro territorio e per esso nutriamo profondo rispetto: chiediamo permesso quando ci addentriamo nel bosco e ringraziamo quando ne usciamo».

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