La mattina del 24 gennaio 1979 le Brigate Rosse assassinarono a Genova Guido Rossa, nato a Cesiomaggiore 45 anni prima. Un omicidio di stampo terroristico che in quegli anni avrebbe potuto finire in un lungo elenco e perdersi nella memoria.
Guido Rossa non era però un politico. Certo, faceva politica e amava la politica, ma non era un politico. Non era nemmeno un capo d’azienda né un esponente delle Forze dell’Ordine. Non era un ministro né un uomo d’affari. Era un operaio sindacalista iscritto al Pci. Comunista. Fino a quel momento le Brigate Rosse non avevano mai osato ammazzare un operaio, un rappresentante del popolo, uno che si era spesso schierato contro le politiche dei governi di allora.
Quel 24 gennaio del ’79 cambiò la storia. Perché grazie al sacrificio di Rossa, perché di un sacrificio si trattò, finalmente tutti si resero conto di chi erano realmente le Brigate Rosse: criminali, assassini, terroristi.
Tre mesi prima del suo assassinio Guido Rossa, che da diversi anni lavorava all’Italsider e abitava con la moglie e la figlia in un quartiere popolare di Genova, aveva denunciato un collega, sorpreso a distribuire volantini legati alle Br. Lui solo ebbe il coraggio di testimoniare e raccontare quanto aveva visto. Ci fu il processo e Francesco Berardi, questo il nome del postino delle Br che Rossa aveva smascherato, fu condannato. Quel giorno segnò il destino dello stesso Guido Rossa. L’operaio sindacalista, che fin da giovane non aveva mai avuto paura da buon bellunese di scalare le sue amate montagne, si ritrova a fare i conti con messaggi anonimi, minacce telefoniche, compagni di fabbrica che gli voltano le spalle, scritte sui muri come “spia”, “traditore”, “delatore”.
Persino alcuni giornali di partito lo attaccano, criticandolo per il troppo zelo. Ma Guido Rossa sembrava non avere paura: continuava a fare lo stesso percorso per andare al lavoro, non aveva voluto la scorta né la pistola. Rossa era consapevole di essersi schierato dalla parte giusta, quella dello Stato da difendere contro azioni terroristiche che in quegli anni stavano ammazzando non solo la politica e la società italiane, ma la stessa Italia. Un atto di coraggio e umanità che Guido pagherà con la morte. Alle 6.40 del 24 gennaio un gruppo di brigatisti lo aspettano all’uscita dal condominio in cui abitava, lo inseguono fino all’auto parcheggiata poco più in là e lo crivellano di colpi. Ai funerali di Stato del cesiolino Guido Rossa parteciperanno 250mila persone e il Presidente della Repubblica Sandro Pertini gli assegnerà la Medaglia d’oro al valore civile. Quel giorno l’Italia intera seppe dire “No!” alle Brigate Rosse, al terrorismo, alla violenza. Un “No!” che dura tutt’ora e che rende il ricordo di Guido Rossa, a 40 anni dalla sua morte, ancora più vivo.