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Rewilding nel bellunese

AmbientiAMOci

Rewilding nel bellunese

AmbientiAMOci
Rewilding in Valbelluna - Cinghiali

Siamo in una nuova era geologica, la sesta estinzione di massa sta sconvolgendo la fauna mondiale e il caos climatico si sta facendo sempre più violento e ripetuto (il suicidio climatico dell’Australia di questi mesi ne è un esempio).

in questo ciclo di articoli della serie “AmbienTIAMOci” abbiamo deciso di parlare di pratiche positive che permetterebbero di rallentare il collasso ecologico: un lume di speranza ai tempi del collasso planetario.
Iniziamo dunque parlando di un argomento in cui la provincia di Belluno “è immersa”: la natura, i boschi e la fauna locale. Decenni di consumo del suolo, l’aumento delle terre sfruttate ad uso agricolo e di pratiche ambientali più che liberiste hanno portato l’Europa a distruggere le proprie riserve naturali, decimando gli habitat e le specie animali abitanti (dal 1990 abbiamo perso il 76% degli anfibi di acqua dolce e il 36% dei mammiferi terrestri. Proprio i primi sono sopravvissuti a cinque estinzioni di massa ma probabilmente non sopravviveranno all’uomo).

LA TECNICA DEL REWILDING
Il “rewilding” (da “wild”, in inglese “selvaggio”) è una tecnica di ripristino di alcune zone protette (montane, marine o riserve protette) dove recuperare la flora e la fauna presenti prima dell’arrivo dell’uomo su quelle aree. La maggior parte del nostro pianeta è attualmente impattata dall’opera dell’uomo e solo poche riserve permettono alla biodiversità di espandersi e di autoregolarsi. Mentre noi pensiamo alle zone selvagge come lande ordinate, ben definite, e ci riferiamo generalmente ad un’epoca non lontana dai giorni nostri, la tecnica del rewilding invece si spinge oltre: la mano dell’uomo non deve intercedere nello sviluppo naturale dell’ecosistema. Non ci devono essere quindi guardie che puliscono boschi (i quali alberi abbattuti sono fonte di sostentamento per milioni di insetti, per prevenire inondazioni e per ricreare lo strato di terriccio utile allo sviluppo di arbusti e alberi) o attività antropiche che controllano le popolazioni di animali, le quali si autobilanceranno.

COME PUò aiutarci il rewilding?
L’introduzione dei grandi predatori (lupi, orsi, linci, puma) – la cui scomparsa in Europa ha visto anche il declino delle altre specie animali che dipendevano da esse per l’autoregolazione – sta avendo luogo in alcune parti di zone protette e atte al rewilding, come le zone degli Appennini, il delta del Danubio o aree della Slovenia (mentre un esempio di rewilding non applicato ma “imposto” è la zona circostante il reattore nucleare di Chernobyl, ora traboccante di specie animali e vegetali e vero e proprio scrigno di biodiversità), con l’idea di creare un corridoio verde attraverso lungo tutta l’Europa. In questi “santuari” si osserva un beneficio sia sugli ecosistemi sia per quanto riguarda la flora locale (un numero minore di cervi e cinghiali, soggetti alla regolazione delle nascite imposte da lupi ed orsi permette di far crescere gli alberi e arbusti) che sulla fauna (diverse specie di uccelli ed insetti sono tornati ad abitare in queste zone).

GLI EFFETTI DEL REWILDING SUL TERRITORIO
A Yellowstone, l’introduzione dei lupi ha infine deviato anche il corso dei fiumi: l’aumento della vegetazione a seguito della diminuzione degli erbivori ha fatto diminuire l’erosione del suolo e le sponde dei fiumi si sono stabilizzate. Il rewilding quindi ci apre un’ampia finestra di opportunità: da un lato ripopolare aree abbandonate e tolte all’agricoltura per costi troppi elevati, dall’altra offrire quello che i movimenti ambientalisti non hanno mai proposto, ossia non solo fermare il declino della biodiversità ma generare una vera e propria esplosione di vita e di voci.

IL REWILDING A BELLUNO
Il Rewilding potrebbe essere un modo per creare turismo dove questa offerta non c’è più (un esempio sono gli ex impianti sciistici ormai diventati prati). Un’applicazione interessante di questa tecnica si potrebbe portare in certe zone colpite da Vaia: cosa succederebbe se lasciassimo tutto com’è? Quale sarebbe l’impatto sulla biodiversità delle valli? Quali invece gli effetti sul deflusso delle piogge e la rivegetazione dei boschi colpiti dalla tempesta? Talvolta la fretta dell’uomo di ordinare, pulire e ripiantare non permette di lasciare alla natura una sua rigenerazione.

E se guardassimo più lontano con la fantasia?
L’Europa ha ospitato, prima dell’uomo e non, anche animali e predatori che ora troviamo solo in certe aree del mondo: a Londra è stato trovato un cimitero preistorico di ippopotami, mentre in Italia ed in Spagna vivevano specie preistoriche di leoni (ben prima dell’arrivo dell’homo sapiens) ma anche di bisonti, cavalli selvaggi, puma, linci e una specie europea di pantera. Dove potrebbe arrivare il rewilding? L’unico limite è la fantasia (e l’adattabilità di certe specie ai climi europei), ma niente dovrebbe essere escluso da questa “estate chiassosa” di biodiversità, la quale si contrappone alla silenziosa conservazione intatta degli habitat fomentata da alcuni ambientalisti che vedono la gestione umana della conservazione della natura come unica via di preservazione della vita selvaggia sulla terra.

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