Eravamo in tanti, quel pomeriggio domenicale giù a Carfai, sotto la lobbia dell’antico portigo, a festeggiare i 90 anni di Remo Sartor. Il vivente più anziano di una antica stirpe insediatasi, quando non è dato sapere, a Formegan in via S. Osvaldo. Sartor di nome e di fatto perché di professione era sarto e conduceva una bottega proprio nella stessa via.
Il nucleo familiare era gestito in forma patriarcale e nel caso dei Sartor ancora più accentuata. Come raccontava mia nonna paterna Lucia Sartor, che agli inizi del Novecento aveva sposato Antonio Dal Pan detto Moro da Campo, una parte dei componenti della sua famiglia era addetta ai lavori agricoli della vasta campagna di proprietà mentre gli altri componenti si dedicavano al lavoro di sartoria espletato sia in laboratorio che in forma itinerante. Del laboratorio, qualche anno addietro, abbiamo scritto su queste colonne, pubblicando anche la foto dell’insegna venuta alla luce casualmente e insipientemente andata perduta con l’abbattimento del fabbricato di via S. Osvaldo. Era datata 1736.
Secondo nonna Lucia, che vi aveva lavorato fino al matrimonio, i Sartor avevano un apposito carro trainato da un cavallo carico di tutta l’attrezzatura necessaria per svolgere compiutamente il lavoro di sartoria anche in paesi lontani dalla loro sede e quindi con diritto di vitto e alloggio. Era consuetudine che i capi delle numerose famiglie provvedessero per tempo, generalmente di cinque anni in cinque anni, a prenotare il confezionamento degli abiti per tutti i componenti dell’ampia famiglia.
Con il tempo le cose cambiarono, il lavoro di sartoria fu abbandonato e due fratelli Sartor, Antonio ed Ernesto, sposarono le sorelle Da Pont di Carfai. Antonio, il più anziano, rimase a Formegan nella casa paterna e sposò Carmela, mentre Ernesto, di molto più giovane, sposò Carlotta e si trasferì a Carfai in casa della moglie.
Andò cuch (cuculo) che, per l’opinione pubblica (diffusa da tempo immemorabile e durata fino a qualche decennio fa), voleva significare per alcuni “furbastro–approfittatore” e per altri “succube per sempre” della consorte. Del nucleo di Formegan (ora estinto) facevano parte don Luigi, sacerdote della Congregazione di don Orione, e Delfina, vedova De Min recentemente scomparsa.
Una festa semplice quella dei Sartor a Carfai, un segnale piccolo se si vuole, ma segno di una socialità e di un’appartenenza di cui, pur nascosta in questo tempo di pandemia, si sente la mancanza.