Loris Paoletti è la classica persona che, piovutagli addosso la “sfiga” (all’età di sei mesi), come lui stesso ironizza, ha vissuto per un gran numero di anni fuori dalla società, lontano dagli affetti per curarsi, ma non si è mai pianto addosso. Anzi, ha fatto dell’handicap un punto di forza, lottando prima di tutto per assicurare alla sua persona un futuro dignitoso e poi, grazie al suo carattere determinato, adoperandosi con tutte le sue forze per aiutare gli altri.
Questo marcato spirito solidale gli nasce nel cuore da un fatto accadutogli durante l’infanzia. «Frequentavo le medie, in estate rientravo a Cesiomaggiore dai vari istituti scolastici per malati di poliomielite e trascorrevo le vacanze a Can. La nonna con pazienza mi accompagnava a camminare in paese. Un giorno incrociammo una falciatrice con carretto al seguito, sul quale era trasportata una signora poliomielitica che però non aveva avuto la “mia fortuna” di essere curata. Lei non camminava, tanto che l’immobilità la relegava in uno stato di obesità. La signora mi salutò, io ricambiai il saluto. La nonna mi confidò che aveva la stessa mia malattia. La signora, molto più grande di me, nata negli anni 40, non aveva ricevuto nessuna istruzione: era analfabeta, vissuta ai margini della società, protetta solo dalla famiglia».
L’incontro traumatizzò non poco Loris, gli creò un turbamento interiore. «No! Io non posso accettare! Io devo fare qualcosa, questa non è vita. Lì ho preso l’impegno per il mondo della disabilità».
Grazie al forte sostegno della famiglia, Loris vive in convitto e frequenta l’istituto commerciale “E. Lombardini” a Milano diplomandosi ragioniere. Da poco la riforma della scuola aveva introdotto “i decreti delegati”. Entra nei movimenti studenteschi e diventa rappresentante d’istituto (un bellunese!) grazie a un plebiscito di voti. Lì ha il “battesimo” dell’impegno sociale. Non può continuare l’università perché la famiglia non ha le possibilità per mantenerlo; entra nel mondo del lavoro della scuola in qualità di segretario, attività che svolgerà per 41 anni a Sedico, Cesiomaggiore e poi all’Itis “Negrelli” di Feltre.
Davanti aveva sempre l’immagine di quella povera donna e della promessa fatta a lei e a se stesso! Non gli è difficile trovare spazi solidali, entra nell’Associazione nazionale Mutilati e Invalidi civili con incarichi nelle commissioni provinciali per l’inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro; collabora con l’associazione “don Gnocchi” di Milano sulla sindrome post-polio, fa tuttora l’amministratore di sostegno.
È stato amministratore testamentale della signora Maria Sanvido, mamma di un amico. «Lei era sola e io me la sono presa a cuore!». L’ha seguita fino al compimento di 101 anni 1 giorno e 1 mese. Tutta l’eredità di Maria (una cifra importante), Loris, in qualità di esecutore testamentale, l’ha indirizzata per volontà testamentaria alla ricerca sul cancro, sviluppando tre progetti importanti come il piano di “assistenza oncologica nelle case di riposo con Mano Amica”, i progetti “oncologia pediatrica con “Città della Speranza” presso l’Ospedale di Feltre e “Cure simultanee su malati oncologici con lo I.O.V. veneto” presso l’Ospedale di Feltre.
Un impegno continuo anche con l’Assi (Associazione sociale sportiva invalidi Onlus) di Sedico, nella quale ricopre la carica di vicepresidente a fianco di Oscar De Pellegrin, contro ogni “barriera fisica e sociale”, e come testimonial nelle iniziative del Rotary.
È anche attivo nello sport, praticando la disciplina di tiro a volo Para Olimpico. «Non avrei più l’età per gareggiare, ma lo faccio per dare una testimonianza ai ragazzi giovani, che magari a causa di un incidente sono su una sedia a rotelle, del fatto che pure seduti si può far tutto! Ma lasciami raccontare una soddisfazione che mi sono preso un po’ di tempo fa. Con l’associazione Assi e un po’ di amici, siamo riusciti a portare persone con disabilità a recitare su un palco. Presentarsi per quello che siamo, accettare le proprie disabilità e metterle a nudo vuol dimostrare che c’è dell’altro: c’è una testa, c’è un cuore, c’è la voglia di vivere di riscattarsi. Forse le persone con disabilità hanno una cosa in più rispetto agli altri: devono maturare prima e le piccole cose non le contano più!».