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Ponte della Vittoria

La vittoria della patria e di un ponte definitivo

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La vittoria della patria e di un ponte definitivo

Nella scorsa puntata (marzo 2021, pag. 76) la città di Belluno si trovava nuovamente senza ponte con l’idea di farne uno più a valle completamente in ferro. Già nel 1868 viene consultato un certo Jacopo Cumano che stava già seguendo dei progetti riguardanti la creazione della ferrovia da Treviso a Belluno. Il tecnico propone due progetti: uno di un ponte nuovo completamente in ferro e l’altro in ferro ma che poggia sulle arcate in pietra già esistenti.

Parallelamente si lavora anche al progetto di un ponte in legno che colleghi i due pezzi di quello in pietra già esistente, ma l’idea viene abbandonata perché poco decorosa dal punto di vista estetico. Alla fine il progetto che viene scelto è quello del Genio Civile che opta per un ponte di nuovo di pietra, affidato a Giorgio Gregorio Pagani Cesa, e che viene aperto nel 1871 e come sappiamo crolla nel 1882. Si arriva così a pensare un ponte completamente in ferro costruito ancora più a valle nella posizione dove oggi si trova il ponte della Vittoria e viene incaricato sempre l’Ingegnere Pagani Cesa.

Il ponte ha una travata unica di 65 metri e viene costruito da un’azienda specializzata di Napoli premiata anche nelle Esposizioni mondiali. I lavori iniziano nel 1884 e già l’anno seguente il ponte è praticabile e, nonostante le piene, dura fino al 10 novembre 1917 quando gli italiani in ritirata lo fanno saltare. Gli austriaci costruirono una passerella in legno, dove oggi vediamo il ponte Bailey, che bruciarono un anno dopo.

Nel 1919 si pensò già alla ricostruzione e addirittura emerse l’idea di fare un “ponte altissimo” a 35 metri di altezza dal fiume, lungo 378 metri, che collegasse direttamente la parte finale di via Mezzaterra con la Madonnetta Bianca sotto Castion per mezzo di un tram passando sopra Borgo Piave. Il deterrente di quest’idea fu l’elevato costo che comportava l’operazione, anche per il fatto che bisognava rifare tutte le strade di accesso al manufatto e così nel 1921 si pensò ad un ponte alto e uno basso.

Durante il 1922 un’accesa discussione, in cui si inserisce anche Agostino Zadra (ingegnere capo municipale), porta all’idea di costruire un unico ponte che incorpori sia quello alto che quello basso. Verso fine anno anche il Municipio di Belluno viene occupato dal regime e per redigere il nuovo progetto si pensa ad Eugenio Miozzi, ingegnere del Genio Civile e personalità nota nel settore dei ponti: sono infatti suoi i progetti di vari ponti in provincia ma anche a Venezia, tra cui la parte stradale del ponte della Libertà.

Alla fine si decide per un ponte in cemento armato lungo 98 metri, largo 7,20 metri, a campata unica, e si affida l’incarico a Zadra che firma il progetto anche se nella stesura interviene Miozzi; tutto questo perché la mansione ricoperta al Genio Civile rende incompatibile il fatto che Miozzi possa anche progettare un’opera che dovrà poi sorvegliare durante la sua esecuzione.

Inoltre, tra il 1924 e l’aprile 1925, Zadra (socialista convinto) viene rimosso dal Comune e sostituito con un tecnico di facciata: in pratica è Miozzi che segue i lavori. Sfortuna vuole che, quando Zadra riprende l’incarico, durante il getto del calcestruzzo la centina collassa procurando un morto e quattro feriti tra cui il più grave è proprio Zadra.

La causa del crollo verrà attribuita al fatto che i pali dell’impalcato della centina vennero conficcati a forza nel greto del fiume ma, trovando sotto della roccia, quest’ultima oppose resistenza sfibrandoli.

Nonostante questa serie di peripezie il ponte venne inaugurato, non ancora ultimato, dal re Vittorio Emanuele III il 23 maggio 1926. Tutta la parte decorativa fu invece curata da Riccardo Alfarè, architetto bellunese, che nella stessa città di Belluno ci ha lasciato vari esempi di architettura Liberty tra cui, ad esempio, il cinema Italia. La decorazione è realizzata con graniglia di cemento battuta alla martellina per ricreare l’effetto della pietra e riporta, incisa sulle spalle del ponte, le strofe della “Canzone del Piave” oltre a dei mascheroni (simili a quelli del cinema) e dei medaglioni con raffigurato il Leone di San Marco.

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