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Osterie di paese

non c'era solo il vino...

Osterie di paese

non c'era solo il vino...

Pur non essendo mai stato un assiduo frequentatore di osterie, ne ho comunque subito il fascino per quell’atmosfera gioviale di amicizia e di socialità popolare che solo lì si poteva trovare. La struttura delle osterie era più o meno sempre la stessa, come quella del mio paese a Roncoi, ed era costituita da piccole sale; normalmente nella prima c’era il classico bancone per la mescita del vino, gelati e coloniali, quattro tavoli in mezzo con le sedie impagliate e panche per sedersi e, nell’angolo, la stufa a legna per scaldarsi; nella seconda sala la vendita dei generi alimentari con frutta e verdura, all’entrata la cabina del telefono pubblico. Immancabile il cesso all’aperto nell’angolo del cortile!

All’interno a ogni ora del giorno un variopinto campionario di gente che solo nei piccoli paesi di montagna si potevano incontrare, molti nomi, molti volti alcuni dei quali sbiaditi anche nel ricordo, belle suonate di fisarmonica accompagnate da numerose voci, chi faceva da “primo” chi da “secondo” e chi da “basso”, interrotte spesso dalla richiesta “oste, daghe da bere ai sonador!”.

Alla domenica poi giù in paese per la Messa; in inverno fuori nevicava a larghe falde, dentro l’osteria solo allegria e buon umore, qualcuno giocava a carte, il tavolo per la morra, nell’angolo in alto la prima televisione del paese per vedere “Lascia o raddoppia”, il caminetto acceso che crepitava di legna scoppiettante, ogni tanto qualche problema di fumo per chi sedeva sulle panche della “ritonda”.
Subito dopo Messa, l’invasione: sembrava impossibile, ma ci stavano tutti in meno di cinquanta metri quadrati! Magari in chiesa (più spaziosa), si sentivano stretti, ma lì ognuno trovava il posto per appoggiare il bicchiere, per scambiare quattro chiacchiere fino, e oltre, l’ora di pranzo. Davanti a un buon bicchiere di vino, bianco o rosso non importa, ci si sentiva tutti primi ministri, presidenti, vescovi e teste coronate, se poi si parlava di pallone o di ciclismo, apriti o cielo!

Qualche volta purtroppo volava qualche bestemmia, normalmente le solite e alcune di improvvisata ispirazione; il pittoresco e ricco linguaggio dei vecchi del paese si mescolava a quello più spigliato dei giovani che peraltro aggiungevano al dialogo nuovi termini di vita quotidiana e di lavoro. Ormai sono sparite le grandi ubriacature che contrassegnavano certi pittoreschi personaggi paesani, buongustai dal naso paonazzo. Si potevano distinguere, allora come al giorno d’oggi, la “cioca” allegra, la “cioca” arrabbiata, i “cicloni” dall’effetto devastante e finale imprevedibile, e la “cioca” canterina.

In gioventù ho conosciuto osterie di paese, di collina e di montagna di tutta la Valbelluna; penso ai diversi paesi delle nostre vallate dove diverse osterie hanno dovuto chiudere precludendo un buon mezzo per stare in compagnia.

Non c’era solo vino all’osteria, c’era molto, molto di più!

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