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Orietta Da Rold

Docente a Cambridge

Orietta Da Rold

Docente a Cambridge

Un’altra storia di giovani talenti bellunesi che si affermano in altri paesi. Perché? Purtroppo il nostro Paese non offre a tutti i suoi giovani delle opportunità di lavoro commisurate agli studi fatti e, se molti giovani si affermano lontano dalle mura di casa, ciò è dovuto anche all’alto grado di preparazione che le nostre strutture universitarie offrono agli studenti. Proprio da questo assunto è iniziata la chiacchierata con Orietta Da Rold.

«Il tanto vituperato sistema scolastico italiano, ve lo assicuro è decisamente migliore di quello inglese. Come si fa a studiare alle medie senza libri? Mia figlia va alle medie e la didattica non richiede l’acquisto di libri per le singole materie. Come si fa ad approfondire se non ti guida un testo? Gli studenti italiani sono abituati a usare i libri come metodo di studio, e qualsiasi scuola, professionale o classica, in questo modo offre una base importante.»

Orietta, originaria di Barp di Sedico docente universitario (University Lecturer) presso l’Università di Cambridge, ha un percorso scolastico incredibile.

«Ho fatto l’istituto alberghiero a Falcade e l’università Iulm a Feltre laureandomi in lingue con specializzazione in letteratura medioevale, le basi le avevo ricevute, se avessi fatto il classico avrei faticato un po’ meno.

All’Università ho vinto una borsa di studio per fare un master a Sheffield in Inghilterra in studi medioevali, poi con un’altra borsa di studio ho fatto un dottorato di tre anni alla De Montfort University a Leicester. Da lì, ho lavorato come ricercatrice su testi di Chaucer, Ben Jonson ed altri autori medievali dal XII and XV secolo, ed infine la docenza. A me piace però lavorare su cose strane e mi sono buttata nella digital humanity, progetti pubblicati on-line. Per fare questo ho dovuto studiare anche le basi dell’informatica, remando contro corrente.

Si sa che il mondo accademico è tradizionalista, e la tradizione culturale inglese insiste nel riconoscere i libri su carta come misura di successo. Ma combinare progetti di digital humanity con la ricerca sui manoscritti e testi medievali è stata alla fine una mossa vincente quando mi hanno offerto un posto all’Università Cambridge nel 2013. Se non fossi stata combattiva non sarei arrivata qui e continuo ad esserlo. Una mia collega mi ha definita “belligerent”. Spesso si pensa che la conoscenza sia “leggere testi, scrivere libri”, per me invece la conoscenza è anche studiare i manoscritti dal punto di vista quantitativo, raccogliere dati, approfondire questi dati, perché i “dati offrono conoscenze critiche”.

IL PROGETTO SULLA CARTA:
STUDIANDO CHAUCER NASCE L’INTUIZIONE
Grazie a questi lavori, ho sognato un progetto sulla storia della carta nell’Inghilterra medievale: “Paper in medieval England: from pulp to fictions”.

Questo studio era partito molto lontano, quando per il dottorato nel 2000 studiavo e traducevo un antico manoscritto cartaceo della fine del 1300 che contiene una copia dei “Canterbury Tales” di Geoffrey Chaucer. La critica era stata spietata su questo manoscritto, perché era su carta e non su pergamena come i tradizionali, quindi veniva percepito come non importante ribadendo lo status: “la carta è dei poveri, la pergamena dei ricchi”. Chaucer in un altro testo, però, raccontando della storia d’amore di Didone ed Enea, scrisse che il colore del cavallo della regina era “bianco come la carta”. La carta per Chaucer era un oggetto elegante e lussuoso, non povero. Quindi, mi sono chiesta, perché la critica associa i testi scritti su carta a forme più semplici di scrittura? Quando è arrivata la carta in Inghilterra e come veniva considerata? Si sa che in Italia, ed in particolare in Sicilia, la carta veniva usata dal 1100 favorita da influenze arabe. Dal 1200 il commercio internazionale era esploso, contribuendo alla diffusione della carta italiana in Europa. Dal 1300 al 1400, tutta la carta importata in Inghilterra era di provenienza italiana, ma gli inizi, la dinamica e le quantità di queste operazioni commerciali erano tutte da scoprire. Così arrivata a Cambridge ho iniziato a scrivere quello che sapevo sull’uso della carta medievale e a ricercare le modalità d’uso di questa tecnologia che cambiò la comunicazione e inspirò il genio letterario.

UNA RICERCATRICE ITALIANA
AL SERVIZIO DELLA CORONA
Ho fatto domanda alla British Accademy (la nostra “Accademia della Crusca”) per ottenere una borsa di studio per scrivere questo libro. Quindi dal settembre 2017 a settembre 2018 mi sono tuffata in questa nuova sfida. Questa la storia.

La carta arrivava dall’Italia già dalla fine del 1200 con i mercanti toscani. I Ricciardi, banchieri del re Edoardo I, corrispondevano con le sedi a Lucca con lettera cartacea. I conti li tenevano su registri cartacei, insomma la carta in questi ambienti era di regola. Poi dal 1300, si può tracciare il commercio della carta tramite i registri portuali delle galee veneziane e genovesi. All’inizio la carta era osteggiata, ma poi, come tutte le tecnologie, pian piano si affermò. Anche allora c’erano i cultori della pergamena che non volevano cedere, poi come sempre sono le abitudini e le comodità che fanno cambiare i metodi. Non certo per l’economicità, perché la carta di grandi dimensioni, chiamata “Royal”, costava di più di una pergamena di bassa qualità.

Il successo della carta è dovuto a molti fattori, ad esempio, alla passione degli artigiani di migliorare la qualità del prodotto, all’interesse di tanti mercanti italiani che intrattenevano relazioni economiche in tutta Europa, ed infine alla varietà dei formati che erano disponibili sul mercato. Quelli più piccoli si imposero sulla nobilissima e costosissima “Royal” usata prevalentemente nelle Corti.

IL CONTRARIO DELLA BREXIT
La mobilità di beni e persone, attraverso ad esempio le galee veneziane che caricavano carta e spezie e ritornavano piene di lana, ha favorito la circolazione di beni e nuove idee. Nonostante il regno inglese rappresentasse uno stato sovrano che imponeva dazi negli scambi, sotto sotto c’era la voglia di benessere e curiosità per tutto ciò che veniva dall’estero. Paragonato con l’attualità, allora iniziò un sistema economico di libero scambio, che è proprio l’antitesi dell’attuale Brexit.
In definitiva possiamo dire che la carta in Inghilterra ha favorito la diffusione della cultura in maniera più rapida, ma ha anche portato delle innovazioni domestiche, pensiamo ad esempio ai cerotti, che venivano fatti con la carta ridotta in poltiglia. Come tutte le tecnologie, la carta diventò più economica e, con il tempo, anche più disponibile.
La carta ha contribuito ad un nuovo modo di fare e pensare, oggi paragonabile al boom dell’iPhone, che non si è diffuso perché costa poco, ma perché è uno strumento che ti fa arrivare a tutto, uguali elementi che partono dal desiderio umano e dalla convenienza».

Adesso Orietta sta scrivendo il secondo libro, che si concentrerà sulla carta come strumento di ricerca per capire i testi e manoscritti nello spazio e nel tempo, un progetto più bibliografico- storico.

«Non è stato facile realizzare questo percorso di studi, per tradizione famigliare, bastava conseguire un diploma che aiutasse a trovare un lavoro, ma se mio padre potesse vedere dove sono arrivata, ne sarebbe orgoglioso, perché i suoi sacrifici sono serviti a realizzare quel sogno che seguivo per conoscere, studiare, sapere!».

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