La frazione di Frontin si trova nel territorio di Trichiana, nel Comune di Borgo Valbelluna. Ecco in sintesi alcune delle preziose architetture offerte dal luogo e alcune scoperte archeologiche di rilievo.
Chiesa di San Felice
L’antica parrocchiale di Trichiana era la chiesa di San Felice, situata in un luogo particolarmente importante e strategico, non molto lontano dal fiume Piave, dove esisteva un passo barca, per il trasporto di cose e persone, utilizzato per secoli fino alla costruzione dell’attuale ponte. Questa primitiva chiesa è considerata una delle più antiche della Valbelluna, come fa pensare un blocco di pietra scolpita, databile al VI sec., forse parte dell’antico altare e in seguito, durante la ricostruzione della chiesa, inserito in un angolo delle murature.
Affreschi di Paris Bordon a Pialdier
La piccola cappella laterale della chiesa di Pialdier, in realtà il presbiterio dell’antica chiesa, custodisce un tesoro inaspettato: le pareti e la volta sono state completamente affrescate dal pittore trevigiano Paris Bordon negli anni Quaranta del Cinquecento. L’immagine principale rappresenta la Madonna col Bambino tra un santo vescovo e Sant’Elena, titolare dell’antica chiesa; sulle pareti laterali sono dipinti da un lato San Rocco e San Sebastiano e dall’altro San Giacomo e San Giovanni battista, mentre sulla volta i Padri della Chiesa.
Case rurali bellunesi
La zona collinare delle Prealpi un tempo si rianimava durante la stagione estiva, quando le famiglie contadine portavano il bestiame in montagna e si trasferivano nelle casere. Queste ultime erano composte da una parte più ampia adibita a stalla e una più piccola a cucina, con il focolare o il larin; il sottotetto veniva utilizzato come fienile e come giaciglio per dormire. Le murature erano realizzate con le pietre del luogo e i tetti erano coperti con coppi o lastre di pietra. Testimonianze della vita contadina di un tempo, oggi, se restaurate nel rispetto delle tipologie architettoniche, potrebbero ospitare i turisti che visitano il nostro territorio.
Chiave del monte Nenz di Trichiana
È stata rinvenuta all’inizio degli anni Novanta nei pressi del monte Nenz e oggi è conservata al Museo civico di Belluno. Si tratta di una chiave in bronzo, databile alla seconda metà del VII sec. a.C., e riconducibile alla cultura di Hallstatt (Austria). Chiavi di questo tipo avevano nell’antichità significato simbolico e funzione votiva. Il suo prestigio, oltre alla dimensione e alla foggia, deriva dal fatto che, non essendo un oggetto locale, porta a riflettere sul ruolo della valle del Piave, collocata tra il mondo centroeuropeo e la pianura veneta.
Urna cineraria di Caio Durenio
Testimonianza dell’epoca romana è l’urna in calcare bianco, databile al II sec. d.C., che doveva contenere le ceneri di Gaio Durenio Secondo, un magistrato abitante ad Oderzo, che aveva esercitato tutte le cariche municipali. La precisazione dell’origine del defunto sembra escludere che, a quel tempo, Trichiana, come Mel e Lentiai, appartenesse al municipio di Oderzo. Reimpiegata come base d’altare nella chiesetta di Santa Tecla, fu riscoperta nel 1857 e nel 1870 trasportata nell’atrio del nuovo palazzo municipale, dove si trova ancora oggi.
Ritmo bellunese
Le vicende medievali di Trichiana sono legate all’antico castello di Casteldardo, che fu distrutto sul finire del sec. XII durante una battaglia tra Bellunesi e Trevigiani per i possedimenti del contado di Zumelle. Questa vicenda riveste importanza anche per la storia della letteratura italiana: infatti fu narrata in quello che viene chiamato “ritmo bellunese”, che rappresenta uno dei primi documenti in lingua volgare, che così recita: «De Casteldart hauì li nostri bona part, i lo zetto tutto intro lo flume d’Art, e sex caualier di Taruis li plui fer, con se duse i nostri presoner».
Biblioteca Piloni di Casteldardo
Nella villa Piloni di Casteldardo esisteva un tesoro inestimabile: una biblioteca di libri rari e preziosi, che possedeva una particolarità unica al mondo; alcuni di questi libri, circa 170, furono dipinti sui tagli e sui piatti da Cesare Vecellio, cugino di Tiziano. La biblioteca, rimasta a Casteldardo per più di tre secoli, alla fine dell’Ottocento fu venduta, assieme ad altre proprietà della famiglia, e, qualche anno dopo, iniziò la sua inesorabile dispersione nelle biblioteche di collezionisti di tutto il mondo, che pagarono prezzi da capogiro per acquistare queste autentiche rarità. Negli ultimi anni alcuni libri sono ritornati in patria e sono conservati nella Biblioteca civica di Belluno.