Nomi, cognomi, età e un destino crudele comune: la morte a causa della silicosi o di un incidente sul lavoro. Sono 120 i cittadini di San Gregorio nelle Alpi che persero la vita tra il 1940 e il 1967. Un tributo notevole per un comune di 1700 abitanti. Un sacrificio che non deve essere dimenticato e che, grazie alla volontà del Circolo Acli di San Gregorio adesso rimarrà nella memoria e visibile anche alle nuove generazioni. Sì, perché il 12 settembre scorso, presso il monumento ai caduti sul lavoro e in emigrazione, è stata scoperta una targa che ricorda, nome per nome, tutti i caduti sul lavoro del Comune.
Presenti alla cerimonia, molto sentita dalla comunità, anche i labari dell’Associazione Bellunesi nel Mondo – con diverse Famiglie e la presenza del presidente Oscar De Bona e della vice Patrizia Burigo – e quelli degli Alpini, oltre che dei circoli Acli.
«Siamo qui per ricordare il sacrificio dei nostri emigranti – le parole del presidente del circolo Acli locale Sandro Cassol – e perché non vada nell’oblio. Inoltre è doveroso il ricordo di Giulio Gazzi, che tanto ha fatto soprattutto per i minatori sangregoriesi, e non solo, e per la piaga della silicosi».
La targa è stata scoperta da due parenti dei caduti: il fratello di Renato Pulz, morto a 18 anni nell’azienda in cui lavorava, e la figlia di Pietro Gazzi, deceduto a 33 anni in Nigeria, quando la figlia era una bambina.
Parole di plauso sono giunte dal sindaco Mirco Badole: «Grazie alle Acli, e in particolar modo a Sandro Cassol, per avere voluto ricordare i nostri concittadini periti per portare il benessere in cui viviamo oggi. È impressionante vedere il numero di persone che ha perso la vita».
Non è mancata la benedizione della corona d’alloro – posizionata di fronte alla targa dal gruppo Alpini “Gen. Nasci” – da parte del parroco don Anselmo Recchia. La cerimonia si è conclusa con l’intonazione di un canto dedicato proprio ai caduti sangregoriesi in terra di emigrazione.