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Morire di virus o di inedia?

lettera da un nonnino "rinchiuso" in casa di riposo

Morire di virus o di inedia?

lettera da un nonnino "rinchiuso" in casa di riposo

Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera da un nonnino “rinchiuso” in casa di riposo

Salve, sono un nonnino di 92 anni che vive in una casa di riposo. Fino al mese di marzo vivevo una vita tranquilla, ero libero di uscire e organizzare le mie giornate, mi sentivo a mio agio. Potevo vedere i miei amici, prendere un caffè al bar, fare le mie passeggiate, ricevere visite. All’interno della casa di riposo si organizzavano parecchie attività socio-ricreative che ci permettevano di passare delle ore in allegria. Tutto sommato mi sentivo vivo, mi piaceva vedere i sorrisi dei nonnini quando, giocando a tombola, vincevano oppure l’allegria nei loro occhi quando ci venivano a trovare delle band, che con la loro musica ci riempivano il cuore, e loro battevano le mani felici; anche quelli in carrozzella si muovevano al ritmo della musica. Nonostante la mia età, mi reputavo un giovanotto arzillo con tanta voglia di vivere. Mi ero trovato pure una fidanzata che incontravo settimanalmente e con la quale andavamo in giro.

Poi è arrivato il Covid, è scattato l’allarme, hanno chiuso tutto e tutti, compresi noi, giustamente diciamo, per proteggerci da questo virus fatale. I primi tempi abbiamo accettato con rassegnazione pensando che prima o poi sarebbe finita, ma sono passati mesi da allora, la vita ha ripreso lentamente quasi per tutti, ma non per noi. Da noi è rimasto tutto come allora: niente uscite, niente visite dei parenti, niente attività con i volontari. Il tempo si è fermato fra queste quattro mura, il tempo nemico degli anziani che passa inesorabile togliendoci spazio.

Noi non possiamo programmare a lunga scadenza, ma viviamo giorno dopo giorno e in questo modo ci state togliendo vita. “Siete una categoria a rischio” ci dicono, pertanto per “proteggerci” ci hanno tolto la gioia di vivere. Non possiamo uscire, non possiamo vedere i nostri cari per più di un quarto d’ora a settimana e una sola persona, come se il virus in quel lasso di tempo fosse in ferie… perché, adottando le comuni misure di prevenzione, non possiamo riprendere la nostra vita?

Perché non organizzare delle uscite, tanto siamo tutti dello stesso ambiente. Perché come tutti, indossando una mascherina, non possiamo andare al bar? Ho tanta voglia di rivedere i miei amici e la mia Betty, ho voglia di respirare l’aria di fuori, di sentirmi vivo fra la gente. Gli altri anziani, quelli che hanno la fortuna di vivere nelle proprie case hanno ripreso la loro vita, e noi? Ci vogliono proteggere dal Covid ma ci stanno uccidendo, moriamo lentamente dentro, giorno dopo giorno, moriamo quando lentamente perdiamo ogni speranza, moriamo di inedia e solitudine.

Mi guardo attorno: vedo anziani tristi e spenti senza più nessuna voglia di vivere. Le visite dei nostri cari erano i momenti più belli per noi, ci davano la carica per andare avanti. Abbiamo perso la libertà rinchiusi in un posto che per noi è diventato un carcere. Vorrei che ci consideraste “persone”con i nostri diritti e soprattutto la nostra dignità, non degli investimenti da proteggere e tutelare.

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