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Montagne a doppio senso di marcia

dopo l’abbandono adesso è viva

Montagne a doppio senso di marcia

dopo l’abbandono adesso è viva

Negli anni 60-70 iniziò l’abbandono di questo paesino abbarbicato alle pendici del Sass de Mura. La gente iniziava a scendere a valle perché più vicina alle fabbriche, alla corriera, al treno, alle nuove comodità che i primi televisori in bianco e nero proiettavano mostrando nuovi stili di vita. Troppo scomodo restare lassù e poi, a fare che? Piano piano, come per altri paesini, la scuola chiude, si vendono le bestie, rimangono solo gli anziani che nulla nella vita hanno più a sfidare.

Storie secolari di famiglie sempre vissute qui come i Bortolas dai vari ceppi, come i Zhechi, i Pasquai, i Marte, i Dampieri, i Pasét, “Quei do Bas”, i Biesuz (detti anche “Gotardi” o “Bespe”), i Bertelle, che lentamente si dilatano e si disperdono. È la storia della montagna italiana, che ha subito in quegli anni un violento cambiamento con uno spopolamento che sembra non avere fine, ma non per Montagne.

MONTAGNE A DOPPIO SENSO DI MARCIA
Non c’è una casa che non sia stata ristrutturata e non sia abitata. Non solo residenti stagionali di seconde case, tanti hanno deciso di abitarci in maniera stabile. Iniziò quindici anni fa la famiglia di Renato Garlet e Monica, che con quattro piccoli “marmocchi” decise di vivere nella vecchia casa del nonno Elia Bortolas dei Zhechi, disabitata da una vita. Li prendevano per matti ed incoscienti, con quattro creature piccole andare a vivere lassù! In tanti li hanno imitati, ora Montagne è viva!

Renza Bortolas, figlia di Luigi e di Petra Biesuz, entrambi di Montagne, è nata qui ed emigrata a Busto Arsizio per lavoro a soli 16 anni seguendo le due sorelle maggiori. Renza si sposa con Ermenegildo Landoni e trascorre tutta la sua vita nell’hinterland della grande metropoli meneghina. Agli inizi il ritorno a Montagne era d’obbligo solo per le vacanze, poi con più frequenza per visitare i genitori anziani, infine decide di trasferirsi definitivamente nella casa materna.

«Tutto è iniziato con la pandemia. Appena possibile siamo scappati dalla nostra casa di Castellanza per rifugiarsi quassù, via dal caos, dalla confusione. Qui c’è tutto quello che per anni abbiamo cercato e lì non abbiamo mai trovato. Qui c’è serenità, tranquillità. Ho trovato un clima cordiale e accogliente, anche a mio marito piace. Non è stato difficile fare amicizia con i vicini di casa, a Milano è impossibile, qui è successo praticamente da subito. Ci troviamo bene e speriamo di continuare così».

Oltre a Renza Bortolas, ad Alba Bertelle, Elena Turro, Cristiano Biesuz e molti altri che hanno a Montagne la loro prima casa, questo bellissimo paesino è stato un’attrazione fatale anche per Franco Boccardo e Patrizia Forzan, una famiglia di Monselice che ha comprato e ristrutturato una soliva stalla trasformata in abitazione. «Avevo un amico del mio paese originario di Arson, mi fece conoscere Montagne; sono stato attratto dalla natura e affascinato da questa architettura rurale, espressione della vita di questi abitanti, che nulla facevano a caso; quello che hanno costruito fu eretto perché serviva per vivere, in funzione di un’esistenza calata nella realtà del vivere quotidiano. I veci hanno deciso di costruire in questo promontorio dove la vista dice tutto, la tranquillità è sovrana, a due passi da sorgenti abbondanti di acqua, fonte primaria del vivere.

Grazie all’acqua la natura è rigogliosa, qui respiri, ti ricarichi, ti rigeneri, non sento neanche il “mae che g’ho nei ossi”. Quando che son stanco del mio lavoro è la moglie la prima che mi manda quassù (a questa battuta Patrizia sorride sorniona, ndr). Qua, anche se lavori, non senti il peso della fatica, hai un altro stimolo: ti appaga il panorama, il rapporto con le persone, la loro semplicità». «Qui si vive come in una comunità – interviene Patrizia – ci si aiuta e ci si invita reciprocamente per un caffè, per un pasto, come facevano le famiglie contadine di un tempo, che solidalmente condividevano tutto, lavoro, sostegno reciproco, soccorso, proprio come i nostri ambienti rurali di un tempo. Adesso vengono su anche i miei figli con i bambini. Mi avevano preso per matto, adesso si prenotano la casa da una settimana all’altra» conclude Franco.

Montagne a doppio senso di marcia: prima per il rotolamento a valle a causa dell’abbandono, ora, all’inverso, per un ritorno ad una vita di qualità piena di importanti significati.

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