Il suo nome compariva un tempo sulla facciata principale del grande complesso quando fu sede di una colonia permanente dell’O.N.M.I. di Venezia. Maria, nata a Venezia nel 1869, discendeva da un’importante famiglia molto impegnata nei campi politico, culturale e filantropico della città; infatti il padre, Alessandro Pascolato, un liberale moderato, fu direttore di Ca’ Foscari e dell’Ateneo Veneto, consigliere comunale, deputato al parlamento nazionale dove ebbe incarichi di sottosegretario in un governo e di ministro in un altro; la madre, Fanny Restelli, fu una delle fondatrici della Croce Rossa di Venezia.
Maria, dopo le scuole superiori, si iscrisse, a soli 15 anni, alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova. A 22 anni si sposò con un medico e si trasferì in provincia di Arezzo, dove il marito dirigeva un ospedale; dopo cinque anni ritornò a Venezia separandosi di fatto dal coniuge e iniziando l’attività di giornalista che la portò a collaborare con i più importanti giornali e riviste dell’epoca. Era una delle donne più colte d’Italia e conosceva ben sei lingue; fu lei a tradurre nel 1904 dal danese le fiabe di Andersen.
Inoltre, con le sue traduzioni dal tedesco e dall’inglese, fece conoscere anche in Italia importanti opere di grandi scrittori stranieri. Per la sua intensa attività letteraria, fu chiamata ad essere nel 1922 la prima docente donna dell’università veneziana Ca’ Foscari.
Presso il popolo era però molto conosciuta soprattutto per la sua importante attività di assistenza e di educazione dell’infanzia, per le numerose iniziative a favore dei poveri e dei bambini. Nel 1896 fu tra i fondatori della Pro Schola, associazione che promuoveva asili e organizzava la refezione e il doposcuola per i bambini poveri; nel 1906 istituì la Croce Azzurra (che sarà assorbita nel 1920 dalla Croce Rossa) per il trasporto dei malati poveri in ospedale; nel 1910 fu tra i fondatori della Mutualità Scolastica veneziana, istituzione impegnata a sostenere la frequenza scolastica e ad organizzare il tempo libero dei bambini; nel 1913 aprì presso i Gesuiti un asilo per il ricovero degli alcolizzati d’ambo i sessi.
Fece propaganda per l’intervento (1915) in guerra dell’Italia organizzando poi alla Fenice un laboratorio che impiegava a domicilio ben 5.000 donne per confezionare indumenti militari. Aderì entusiasticamente al fascismo ancora nel 1920 organizzando squadre d’azione femminili che dovevano boicottare gli scioperi socialisti e sostituire i lavoratori assenti.
Secondo Maria Pezzè Pascolato la donna fascista doveva essere attivamente impegnata nell’educazione, nella propaganda e nell’assistenza; scriveva infatti che il fascismo “…ha affidato a noi donne l’educazione dei piccoli, la buona propaganda igienica e morale tra il popolo, l’assistenza ai poveri, ai malati, ai derelitti, ai pericolanti…”.
Nel 1925 fondò i doposcuola fascisti e istituì la biblioteca per ragazzi. Diede poi impulso alle colonie e ai campi solari per la cura e la prevenzione della mortalità infantile (nel 1931 si contavano ben ventidue strutture con 1.500 bambini accolti).
Nel 1927 ebbe da Roma l’incarico di dirigere l’ O.N.M.I. (Opera Nazionale per la protezione della Maternità e dell’Infanzia) della provincia di Venezia che veniva da una gestione fallimentare; nonostante i molti impegni, sotto la sua direzione molte furono le realizzazioni in soli tre anni (a Sedico nel 1928 la colonia permanente di Villa Patt): fece istituire tre consultori per lattanti (ben 1472 i bambini visitati soltanto nel 1930) e sedici refettori materni (nel 1930 assistite 535 madri); due nidi per bambini lattanti, di cui uno presso le carceri e l’altro presso la scuola Vendramin Corner funzionante come nido-scuola per le allieve (primo del genere in Italia); a Sant’Elena venne aperta la Casa dei ragazzi, per raccogliere i bambini (60 maschi e 20 femmine nel 1930) più miseri delle baracche dediti al vagabondaggio e alla questua, e una Casa dei bambini, asilo impostato su metodi d’avanguardia; una particolare attenzione fu riservata alle madri nubili e ai figli illegittimi (dai 393 bambini assistiti nel 1927 si passò ai 2.172 nel 1930); a Castello venne aperto un grande centro materno comprensivo di asilo nido (40 posti), casa dei bambini (70 posti), refettorio per le madri, consultorio pediatrico ed ostetrico, laboratorio materno dove si tenevano corsi di taglio e di cucito per le mamme.
Morì nel 1933.