La bontà è astratta e si manifesta attraverso gesti, opere, intenti, ma mai come in questo caso si è manifestata in maniera concreta e visibile, attraverso il volto di due donne che a Meano sono state un’istituzione.
Fra qualche settimana, dopo la ripartenza di tanti settori, si ripartirà anche con la scuola. Da tutta l’estate se ne parla in tv sui giornali e sui social, in particolare delle modalità con cui riaprire in sicurezza. Si parla tanto di alunni, studenti e docenti, ma di una figura in particolare non si parla tanto: quella del collaboratore scolastico, alias la bidella o bidello di una volta.
A Meano ci sono ancora le scuole elementari e, come in tutti gli altri istituti, quando riapriranno, le prime a metterci piede saranno proprio le bidelle per una mera logica organizzativa. Quando frequentavo le suddette scuole, ho avuto la fortuna di poter conoscere una persona speciale che ancora in tanti ricordano, ma che è stata poco celebrata e parlo della Lisetta (al secolo, Elisa Forza).
Lisetta nasce il 1° dicembre 1895 in una famiglia numerosa, nella casa ora della famiglia Zatta a San Bartolomeo. Sono anni grami e il padre, consapevole delle difficoltà di mantenere un nucleo così numeroso, decide di tentar fortuna in America. Allo scopo si fa prestare il denaro per il viaggio da dei paesani. Dopo qualche anno però di lui si perde completamente ogni traccia: svanito nel nulla e, come conseguenza, la vita della famiglia diventa difficile. Fortunatamente ai maschi si aprono le porte di un collegio che permette loro di poter studiare, mentre Lisetta rimane con la mamma e assieme provano a far fronte al vivere quotidiano, ma devono vendere ogni proprietà per saldare il debito contratto dal papà. Proprio in quel periodo (1907) nasce l’idea di allestire un asilo per i bimbi della parrocchia su iniziativa della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Meano. L’edificio atto allo scopo venne edificato in un terreno donato da dei nobili feltrini (ora sono le attuali scuole elementari) e per la gestione si pensava ad un affido alle suore delle Poverelle, che sono tuttora presenti nella Casa di riposo.
Con l’inizio del 1° conflitto mondiale tutto venne sospeso e ripreso al suo termine, anche perché i locali furono usati per scopi militari. Le suore non arrivarono subito e proprio alla mamma di Lisetta fu chiesto di gestire il servizio, usufruendo anche dei locali destinati alle suore, risolvendo così almeno il problema dell’alloggio.
Da allora la vita di Lisetta si svolse dentro quelle mura, da prima affiancando la mamma, poi svolgendo il compito di bidella in prima persona per una cinquantina d’anni. Nel frattempo, diventata anche mamma, provvede al sostentamento della sua famiglia mettendo, assieme alla modica pensione, un magro compenso dal Comune. Questo si aggirava circa sulle £. 50.000 annue, di cui la metà le usava per compensare chi le dava una mano nelle grandi pulizie. Certamente ha usufruito dei locali, ma la sua docilità faceva sì che non si lamentasse di quel compenso. Il suo era un lavoro duro in particolare durante i mesi invernali, con levatacce alle 4,30 del mattino, perché doveva accendere in ogni aula la stufa a legna e preparare i secchi con il carbone che poi le maestre usavano per mantenere vivo il fuoco durante le lezioni.
Altro compito era quello di rabboccare tutti i calamai, banco per banco, ma anche riaccompagnare a casa scolari che stavano male o venivano sospesi per punizione con annessa nota sul quaderno. Una donna, Lisetta, che andava oltre i suoi compiti,soprattutto verso i bambini di cui aveva grande cura, come quando arrivavano a scuola bagnati per la pioggia o la neve e li accoglieva nella sua calda cucina per asciugarli.
Mai sopra le righe, ha terminato il suo mandato, causa un malore, durante un S. Nicolò che l’ha costretta a ritirarsi in maniera discreta e oserei dire anonima; meritava certamente almeno un grazie pubblico. A sostituirla nei primi momenti fu la nuora, poi il Comune di Santa Giustina assunse Vincenza De David, meglio conosciuta come Graziana (del ’30) e che svolse quel compito per ben 16 anni. Certamente, visto anche l’ammodernamento dei locali scolastici, in particolare il riscaldamento centralizzato, per Graziana l’impegno era meno greve anche se, per predisporre la funzionalità della scuola, la sveglia squillava comunque alle cinque del mattino e le ore dedicate superavano di molto le tre previste dal contratto. Anzi, con l’arrivo in paese dell’illuminazione stradale, comandata proprio dall’edificio scolastico, si tratteneva fino a tarda sera per provvedere alla sua accensione. Sono passati trent’anni dal suo pensionamento, ma con i suoi novant’anni portati più che bene, inforca ancora decisa la bicicletta per spostarsi in paese per le sue commissioni.