Circa 40.000 anni fa in Europa, con l’estinzione dell’Uomo di Neandertal e l’esplosione demografica del suo cugino Sapiens, gli uomini iniziarono ad avere lo stesso problema di adesso: lo smaltimento dei rifiuti. Non c’era plastica-vetro-carta, ma l’umido sì che abbondava e fu allora che le volpi, opportuniste come da copione, si offrirono di sparecchiare la tavola dopo le abbondanti grigliate a base di renne e mammut (per la frutta a fine pasto invece si sa già come andò a finire: l’uva non era matura).
Ogni tanto qualche volpe sostituiva la renna nel piatto, ma era un rischio da correre per passare da una dieta a base di topolini alle succulente braciole! Pare che anche i lupi, della stessa famiglia delle volpi, facessero parte della servitù, finché il loro sguardo incontrò profondamente gli occhi dell’uomo e si creò quel legame di affidamento reciproco che li portò a diventare guardiani, custodi, pastori, compagni di caccia, di giochi, di affetti, di vita.
Ma la volpe no. La bella astuta dalla capigliatura fiammeggiante restò sulle sue, si tenne la propria libertà guadagnandosi però la stima degli uomini e provocando forse anche un pizzico di rabbia per un’amicizia mai suggellata. Non è un caso che proprio la volpe abbia ispirato una delle pagine più belle della letteratura con “Il Piccolo Principe”, delicato manuale di istruzione ai sentimenti di Antoine de Saint-Exupéry. “Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo… Se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Se mi addomestichi, avremo bisogno l’uno dell’altra. Per me tu sarai unico al mondo. Per te io sarò unica al mondo…”