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La separazione dei genitori

vista con gli occhi dei figli

La separazione dei genitori

vista con gli occhi dei figli
Separazione vista con gli occhi dei figli

Gentile avvocato, ho da poco concluso l’esperienza di un gruppo di parola, un percorso specifico al quale partecipano i figli di genitori separati o divorziati che conduco da alcuni anni. Ogni volta sono sorpresa di come i bambini e ragazzi, indipendentemente dall’età, riescano a raccontare con lucidità, comprensione e spesso con compassione le esperienze vissute durante e dopo la vicenda separativa dei genitori e di come, sempre, il loro intento profondo sia di sostenere e proteggere il legame con entrambi.

Le riflessioni sono molteplici e mi è naturale confrontarmi con lei poiché le nostre professioni condividono il compito della tutela dei figli.
La separazione, indipendentemente dall’età, è per i figli un evento imprevisto, difficile e doloroso poiché per loro è inaccettabile e irragionevole considerare che i genitori si separino nonostante oggi, dopo anni di ricerche e controversie, sia riconosciuto quanto la convivenza litigiosa sia potenzialmente più dannosa della separazione.

Scegliere quindi questa trasformazione quando non c’è più amore è davvero un atto responsabile e importante anche nei confronti dei figli; questa consapevolezza, infatti, non coinvolge i figli nelle decisioni personali e gli adulti si autorizzano invece la possibilità di realizzare una riorganizzazione familiare dove riconoscersi reciprocamente il diritto e il dovere di condividerne la crescita.

Conosciamo entrambe la frase “è per mio figlio che lo faccio”, troppo spesso usata dagli adulti per coprire la rabbia, il risentimento o la paura; è proprio questa seria e oscura sovrapposizione di bisogni che ferisce e blocca i figli nella possibilità di mantenere sia il proprio posto che il proprio ruolo durante e dopo la ricomposizione familiare. In nome dei figli si perpetuano azioni, attacchi, ingiurie sia nelle stanze della legge che nelle stanze dell’aiuto senza comprendere come queste azioni, quando persistono con intensità e nel tempo, producono delle ferite interne profonde che difficilmente si ricompongono diventando blocchi emotivi permanenti. Sembra essere così difficile prendersi cura dei bisogni e dei diritti dei figli, non considerarli esseri dipendenti, indifesi, passivi e quindi immaturi e, soprattutto se piccoli, li si ritiene incapaci di comprendere e capire ciò che sta accadendo.

I genitori che si separano per esercitare la loro funzione dovrebbero seguire tappe precise considerando e coinvolgendo i figli in base all’età; questo perché ogni situazione quando muta crea sofferenza e deve prevedere un inizio e una conclusione, oltre che garantire loro l’autonomia dalle vicende della coppia, sia se è possibile costruire una mediazione e una cooperazione e ancor più se il conflitto impedisce qualsiasi trasformazione condivisa.
I figli hanno il diritto di essere riparati dalla richiesta di allearsi con l’uno o l’altro, di diventare confidenti dell’uno o dell’altro o di essere ambasciatori delle comunicazioni all’altro genitore.

Alla cultura delle frasi fatte da dire ai figli e ai comportamenti stereotipati, quando si deve comunicare la separazione, è più che mai necessario avere una comunicazione autentica; bisogna spiegare ai figli, con le parole più semplici e giuste per l’età, cosa sta accadendo, rassicurandoli rispetto il fatto che non sono la causa della separazione, facendo sentire loro che i legami non cambieranno, spiegando come vivranno l’esperienza delle due case. Ai figli va dato innanzitutto tempo e rispetto.

Dare tempo significa contenere e comprendere il disorientamento emotivo e reale che si manifesta diversamente in base all’età: un bambino piccolo può diventare più fastidioso, disorganizzarsi nei ritmi di vita; in età scolare può manifestare il disagio nelle attività scolastiche o sportive; un adolescente accentuare l’oppositività, l’esclusione, il bisogno di autonomia.

Avere rispetto è incoraggiarli ad esprimere idee ed emozioni sopportando e supportando il loro desiderio che la famiglia si riunisca, ascoltarli e dare con pazienza e ripetutamente chiarimenti rispetto le idee che si sono fatti.

Dott.ssa Marcella De Pra

La risposta dell'avvocato

Cara dottoressa, non posso che condividere le sue osservazioni e preoccupazioni rispetto al coinvolgimento dei figli, specialmente se minori, nel delicato processo di separazione dei genitori. Molto spesso, in questi casi, noi avvocati ci troviamo a gestire situazioni difficili, che ci portano a scavalcare il nostro ruolo di operatori del diritto nella risoluzione della crisi, per porci in un clima di ascolto.

Oltre al dovere di individuare una soluzione che tuteli al meglio gli interessi dei nostri assistiti, dobbiamo al tempo stesso confrontarci con la fragilità, la confusione e la rabbia derivanti dal fallimento della relazione di coppia.

Viene da chiedersi che fine fanno i figli, nella trasformazione della vita familiare. In molti casi, essi giocano un ruolo da non protagonisti, costretti a subire il conflitto senza potersi esprimere come vorrebbero, e anzi sopraffatti dalle decisioni degli adulti. La loro quotidianità viene stravolta e sostituita dalla necessità di dividere il proprio tempo in due case diverse, magari in presenza dei nuovi compagni della mamma e del papà, in una situazione e con bisogni del tutto nuovi, che non possono essere ignorati.

Come si può dare dignità alle voci
e ai desideri di quei figli?
Per gli avvocati questo è un compito difficile, specialmente se la situazione è conflittuale; il cliente non si aspetta che il suo legale cerchi la conciliazione, ma pretende di essere supportato nella sua battaglia. Tuttavia, il professionista ha anche il dovere deontologico di intraprendere il percorso migliore, secondo “scienza e coscienza” e con la giusta dose di sensibilità, avendo come scopo il ripristino della serenità familiare. Quando i figli iniziano a manifestare la propria sofferenza, spesso la loro serenità risulta già compromessa e ricucire gli strappi, dovuti ad una cattiva gestione della crisi coniugale, può essere davvero complicato.

L’approdo in uno studio legale è già di per sé un passaggio difficile, preceduto da discussioni e litigi; ma è proprio in questo contesto che diventa possibile sanare le divergenze, giungendo alla tappa del Tribunale con una nuova consapevolezza e la certezza che il bene dei figli è l’interesse primario da perseguire.
L’avvocato può offrire un aiuto importante, affiancandosi ad altri esperti del settore (consulenti, mediatori familiari ecc.) per interpretare le problematiche e suggerire la soluzione più adeguata, nel rispetto dell’obiettivo comune di protezione della famiglia e dei singoli.

È proprio in questo modo, sostenendo il genitore ed alimentando il dialogo costruttivo, che si creano le condizioni per far emergere i desideri e le necessità dei figli. Se il conflitto tra i genitori non si risolve con l’aiuto degli avvocati, i figli avranno comunque la possibilità di essere sentiti in Tribunale. L’ascolto in corso di causa è un diritto dei bambini/adolescenti sancito da convenzioni internazionali e un dovere del giudice, che solo in questo modo potrà farsi un’idea delle loro volontà e capire quale sia la decisione più rispondente al loro interesse. Avere rispetto dei figli significa anche questo: non ignorare la loro voce, ma valorizzare le loro volontà, nel percorso che porta a una decisone importante, per la loro esistenza attuale e futura.

Avv. Giulia Piazza

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