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La sarta sportiva Sara Dal Pan

una solidarietà che arriva da lontano

La sarta sportiva Sara Dal Pan

una solidarietà che arriva da lontano

Il muretto a mezza vita che circonda la sua casetta, posta a solivo nel crocevia di via Lodi, è tutt’altro che una semplice barriera al traffico della strada; è invero una loggia del “teatro della vita” di quella parte di Salzan. «Ciao Sara come statu?». Lei dal cortiletto, mentre stende le maglie della Plavis, ti fa un segno con la mano e ti risponde «Te spete par an cafè!».

Sara è così: cordiale, socialmente affabile con tutti, in particolare con le giovani coppie dell’Oasi del Molino. «Varda moh, la Caserma Lodi l’è come che fuse casa mea; là nel ’43 ‘ndée a scola co’ la maestra Sacco, durante i bombardamenti se se rifugèa sot i sac de farina; e anca quando che ghe ‘n era al comando tedesco dopo al ’43, mi girée da partut, ‘ndeéa a torghe le higarete, Ma co’ la parola d’ordine! I tedeschi e ne déa da magnar. E cossi anca nei anni 60 quando rivéa i militari, i ne paricèa al pignàt de pastasuta, el menestròn la sera».

Il primo di gennaio ha compiuto 85 anni, portati alla grande! Mi ha sempre incuriosito la grande foto di famiglia posta sulla credenza, lo scatto è dei primi del Novecento.
DALL’ EISENBAHN AI LAGER
Il nonno Angelo Zanolla di Salzan e Giovanna De Boni erano migrati in Austria agli inizi del Novecento, lui per lavorare nelle ferrovie dell’Impero non da bracciante come tanti altri bellunesi, ma da tecnico. Solo mamma Angela Alberta (classe 1897), detta Berta, e Beniamino erano nati in Italia, mentre Bruno, Clara, Massimo, Athos, Tullio erano nati a Graz e a Lienz. «I era i vegnesti fora prima de la guera e i avèa fat questa foto, tuti bei eleganti e le femene co le colane al col, tant che fora da mesa la gente la se domandéa chi che i era sti siori. Infati i era benestanti, me mama in Austria la avéa fat scola fin alla sesta e la savéa sonar al pianoforte».

Prima dello scoppio della Grande Guerra, Angelo era in Croazia molto probabilmente a seguire i lavori della costruenda “Linea Transalpina”, un vasto complesso di linee ferroviarie costruite all’inizio del XX secolo dall’Impero austro-ungarico allo scopo di migliorare i collegamenti fra l’interno e il Porto di Trieste, al tempo appartenente all’Impero. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia il suo ruolo cambiò drammaticamente: da funzionario delle ferrovie a quello di nemico. In quanto italiano, fu fatto prigioniero e rinchiuso in un Lager assieme a tutta la famiglia. Vi trovò la morte assieme alla moglie e ai due bambini, Bruno e Athos.
«Me mare la me contéa che la se infiléa sot al filo spinato per racatàr an poche de scorhe de patate, che po’ me nona la féa an cin de menestra. Finida la guera nel 1919, me mama asieme a tre fradei la è tornada in Italia a piè con carèt. Beniamino al l’è restà la in Croazia, al se avèa maridà, ghe era nasest na pupa morta e dopo no avòn pi savest gnint». Furono ospitati dai nonni materni a Campo in casa dei De Boni.

VA IN MONA L’ITALIA
E CHI CHE L’HA INVENTADA
La “Berta” sposò nel 1923 Vigilio Dal Pan detto Gildo di Salzan, falegname. Gildo aveva fatto la guerra da Alpino. Nel 1922 fu uno dei soci fondatori della Sezione Ana di Feltre e nel 1923 stimolò alcuni reduci, tra i quali Francesco Dal Pan (dei Mori), Gregorio Minella, Francesco Dal Molin (dei Castelòt), Giovanni Panigas a formare il Gruppo di S. Giustina fondato nel 1924 con Vigilio quale capogruppo. Nel 1940 all’età di 43 anni fu richiamato alle armi.
«Mi ere piciola, ma me ricorde ben, me pare l’era là de fora quando che i ghe ha portà la cartolina rosa. Me mama che piandéa e lu chel’ oséa “Va in mona l’Italia e chi che l’ha inventada, mi ho na tosa de 5 ani da mancener. Bel afàr ho ciapà a deventar caporal majior”».

SPORTIVA E SOLIDALE
Sara aveva imparato a fare la sarta e, con l’avvento del carnevale di Santa Giustina, si prestò a collaborare per confezionare vestiti da teatro, per i carri mascherati e per le ballerine de ‘l Kalieron. Poi, per affetto della frazione d’origine di suo marito Renzo Dal Zotto di Sartena detto “Bule”, aiutò per i costumi della Via Crucis. Sempre con il tifoso “Bule” sosteneva la Plavis, già al campo a S. Lorenzo, poi a S. Margherita. «Bruno Fiabane al ghe prestéa a Bule che l’avéa la patente, al camius. Montadi su do banchete tose e tosat se seguia la Plavis». Amore coltivato nel tempo anche attraverso il lavaggio delle magliette che fa ininterrottamente da 45 anni.

Una donna generosa, socievole, dalla “parola bona part tuti”. «Mi se vede ‘na copietta con pupét, ghe domande come che i sta, la gente me pias saludarla e ciamarla par nome. An cin me manca entro par le case quei de la Plavis, ma spere che i torne a dugar presto, così vede ancora gente entro par casa».

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