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La ricercatrice Alice Zambon

da Santa Giustina a Vienna per migliorare la società

La ricercatrice Alice Zambon

da Santa Giustina a Vienna per migliorare la società
alice e il suo gruppo di lavoro il professor Eric Kandell (con il papillon rosso) premio Nobel per la medicina 2000

Alice Zambon è una bella ragazza di 27 anni , bionda, con uno sguardo intelligente e un sorriso luminoso. Abita a Salzan con la famiglia. O meglio, è appena stata qui per trascorrere le feste con loro, perché da un paio d’anni Alice abita a Vienna, dove lavora come ricercatrice presso la Medizinische Universitat Wien in un team internazionale.

Alice, come sei finita in Austria?
Dopo la laurea magistrale in neoroscienze all’Università di Trieste ho cercato un’opportunità per il mio Dottorato di ricerca e tra le varie offerte ho scelto quella che mi stimolava di più.

Esattamente cosa cerchi?
Io e i miei colleghi stiamo studiando sulle cavie la correlazione tra infezioni che si possono contrarre in gravidanza e lo sviluppo in età adulta di patologie quali la depressione o la schizofrenia. Tecnicamente si chiama “Two -Hit Hypothesis” e vuol dire che per lo sviluppo di alcune psicopatologie/malattie psichiatriche c’è sempre una causa esterna, ad esempio un lutto o un divorzio e una biologica, un’infezione appunto, o una predisposizione genetica.

È un lavoro che procede per step precisi?
Per quanto possibile sì, ma noi studiamo la natura, e la natura fa un po’ quello che vuole. Può capitare che ad un certo punto la ricerca prenda una strada diversa da quella che immaginavi, e questo è uno degli aspetti più affascinanti del mio mestiere.

Come ti trovi nel tuo team di ricerca?
Lavoro con giovani scienziati provenienti da tutto il mondo, parliamo inglese, e noi italiani siamo due. C’è un clima molto stimolante, siamo tutti motivati e lavoriamo in squadra, non in competizione.

Come ti sembra la preparazione che dà la scuola italiana rapportata a quella degli altri paesi?
Molto buona direi, abbiamo Istituti superiori (per Alice il liceo scientifico Galilei di Belluno, ndr) e Università in grado di darci una preparazione teorica di altissimo livello. Siamo un po’ indietro sulla pratica, perché mancano i fondi per finanziare i laboratori, ma la pratica si apprende in fretta, se hai buone basi teoriche.

Perché hai scelto di fare la biologa e poi di specializzarti in neuroscienza?
Mi è sempre piaciuta la natura e mi affascinano le dinamiche sottintese a quello che vediamo. Al liceo, poi, amavo molto la filosofia, lo studio del pensiero che nasce, ovviamente dal cervello, e mi affascinava Freud, che studiava il cervello dal punto di vista psicoanalitico e filosofico più che medico. Mi piaceva l’idea di mettere insieme le due cose.

Sei felice di quello che fai?
Sono molto contenta delle mie scelte, ma anche preoccupata per il mio futuro. In Italia le opportunità sono poche e quindi qui non c’è futuro per noi scienziati. Anche all’estero, però, è una continua ricerca di progetti finanziati e c’è l’idea che se hai scelto di fare lo scienziato devi dedicarti totalmente alla scienza, riducendo al minimo la vita privata.

Tanto per parlare per luoghi comuni: ti senti un cervello in fuga? Per scelta o per necessità?
Una che vuol fare il mio mestiere deve per forza fare un’esperienza all’estero, è un passaggio necessario per crescere professionalmente in un campo sempre più globale: fai ricerca allo stesso modo in Italia o nella Silicon Valley, magari, ma i mezzi e i fondi non sono gli stessi.

Facciamo finta che tu sia davanti al Parlamento e deva convincere Deputati e Senatori a finanziare la Ricerca. Che cosa diresti?

Penso che non dovrebbe nemmeno esserci il bisogno di convincere Deputati e Senatori sull’importanza della Ricerca. Basta guardarsi intorno per vederne i molteplici frutti, quali i vaccini, i farmaci che hanno allungato la vita e migliorato le nostre condizioni di vita e, per parlare di qualcosa relativo al mio ambito, la chiusura dei manicomi come casa degli orrori derivante dalla consapevolezza, maturata con la ricerca, che le malattie psichiatriche sono vere e proprie malattie.
Secondariamente, direi che la Ricerca come curiosità di capire e scoprire è sempre stata intrinseca alla specie umana e necessaria fin dall’ evoluzione dell’uomo per lo sviluppo e il miglioramento di una società: in questo senso, rappresenta un motore incredibile per lo sviluppo dell’ economia.

Grazie, Alice, e in bocca al lupo per il tuoi studi.

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