Mario Rumor ha modi misurati e gentili, ai quali non siamo più abituati. Saggista e critico cinematografico, vive a Santa Giustina con la famiglia, lavorando e coltivando la sua passione per la scrittura e il cinema.
Mario, di cosa ti occupi?
Sono saggista: scrivo e pubblico saggi per riviste e case editrici specializzate in questo genere di letteratura.
E come funziona? Scegli tu l’argomento o ti viene commissionato?
Di solito mi commissiona il lavoro l’editore sulla base delle richieste del pubblico. Io sono da molti anni appassionato cultore di cinema, quindi scrivo, a volte in collaborazione con altri colleghi, saggi su queste realtà, che sono spesso molto di nicchia.
In che senso, esattamente?
Intendo dire che percentualmente, rispetto al romanzo, i lettori di saggi sono molto pochi e molto esigenti, perchè la saggistica richiede, per essere apprezzata, una preparazione almeno sommaria sull’argomento. Per questo i miei libri sono indirizzati soprattutto agli studenti universitari delle facoltà di cinema e spettacolo.
Cosa stai scrivendo adesso?
Con l’editore Weird Book abbiano appena mandato in libreria un corposo saggio dal titolo “John Carpenter – L’antieroe del cinema americano”, scritto assieme ai maggiori esperti del regista, e ne ho appena terminato un altro sul romanzo “Anna dai capelli rossi” di Lucy Maud Montgomery.
Scusami, ma davvero ci sono persone interessate a leggere un saggio su un racconto per bambini?
In realtà la cosa è molto più sottile, ed è questo che la rende interessante: il saggio non verterà solo sul racconto ma partirà dal racconto, che è diventato famosissimo per il cartoon giapponese degli anni 70 e di recente per la serie televisiva prodotta da Netflix, una delle più viste dell’anno. Saranno gli spettatori di Netflix, alla fine, i lettori del saggio, interessati a capirne di più sulle dinamiche di scelta e produzione che portano da un romanzo del 1908 ad una serie celebrata e planetaria come quella della piattaforma digitale.
Sempre argomenti inaspettati, quindi, nel senso che tu non sai a priori che cosa ti verrà chiesto.
È questo il bello dello scrivere di cinema: è sempre in divenire, anche se i registi, i film, le opere iconiche dalle quali partire non sono molte, come per qualsiasi altra arte. Io ad esempio ho iniziato con un saggio sul mondo dei cartoon giapponesi di Hayao Miyazaki, quello del premio Oscar per “La città incantata”, che mi ha fatto conoscere nel mondo della stampa specializzata.
Sono stato anche consulente al Festival di Locarno nel 2009, quell’anno avevano una sezione dedicata sul cinema animato giapponese, e per l’Italia sono stato invitato a collaborare anch’io.
Vedi molti film? Intendo dire: sei sempre sul pezzo, sulle ultime uscite?
Scrivo recensioni per riviste di cinema da molti anni (prima su Il Mucchio Selvaggio e oggi su Artribune e Empire), tuttavia adesso con il web la cosa è diventata più difficile. Fino a qualche anno fa il giornale ti mandava il film da vedere in anteprima per la stampa un paio di mesi prima dell’uscita ufficiale e tu lo guardavi con calma e ne scrivevi la recensione. Oggi, una volta che il film è uscito dalla produzione è sul web inondato da recensioni quasi mai qualificate, ma sempre abbondanti e tempestive, il che rende il lavoro del critico di professione particolarmente difficile.
Immagino che avvenga come per quasi tutto: si confonde il giudizio estetico, cioè se una cosa ci piace o no, con quello critico, cioè come è fatta e funziona, il che richiede competenza ed esperienza. Tu che formazione hai avuto?
Mentre studiavo al Dams di Bologna, una ventina di anni fa, ho avuto la fortuna di incontrare un critico che ben conosceva il mestiere e i suoi meccanismi, che ha avuto la pazienza e la generosità di farmi da mentore e di insegnarmi il mestiere. Io sono sempre stato appassionato e curioso, ho sempre amato cinema, letture e fumetti. Da lì, e da un saggio sui manga, che all’epoca non conosceva nessuno, ho iniziato il mio percorso.
Una strada lunga, interessante e varia, che porta, tra l’altro, alla scrittura di racconti, con i quali Mario ha vinto anche dei premi letterari. Lui, però, da persona rigorosa qual è, dice che non ci si può qualificare scrittori fino a che non si ha pubblicato almeno un romanzo. Ma questa è un’altra storia, e bisognerà raccontarla un’altra volta.