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La lezione di Don Giuseppe

La lezione di Don Giuseppe

Da bambini, dopo la messa domenicale, si andava “a dottrina”. Si diceva così per dire quell’ora di catechismo che tutti i ragazzi e le ragazze della mia età erano tenuti a fare. Non era obbligatorio andarci anche se era difficile sottrarsi, a meno di inderogabili impegni famigliari o di una conclamata antipatia verso la religione. Per me non fu mai un impegno forzato, fu sempre una bella occasione per ritrovare gli amici di scuola e anche quelli delle altre classi che non vedevo di frequante. Ora a pensarci bene la parola “dottrina” è quasi bandita dal linguaggio della Chiesa, forse per quel senso di imposto d’autorità. Peccato, perché è una parola bellissima che ha origine dal verbo docēre cioè insegnare.

Un anno, credo fossi in prima media, il nostro insegnante di dottrina fu un giovane diacono avviato a sacerdozio, della mia stessa parrocchia, che pochi anni dopo diventò per tutti don Giuseppe Bortolas. Un giorno arrivai in anticipo alla messa, Bepi (così tutti lo chiamavamo) mi vide, si avvicinò al mio banco e con quel suo modo di parlare diretto ma mai banale, mi disse che stava per farmi una domanda retorica: «Verresti a leggere la prima lettura del Vangelo?».

Non ricordo cosa risposi, probabilmente non ci andai, ero troppo timido per mettermi lì davanti a tutti, invece ricordo benissimo che quella fu la prima volta che udii la parola “retorica” e pur non conoscendone il significato compresi benissimo il senso.

Da allora non l’ho più dimenticata e nemmeno l’insegnamento che mi diede don Bepi Bortolas quella mattina prima della messa domenicale. Ci sono parole che vengono usate a proposito per nascondere la realtà delle cose ma non sempre ciò avviene per una cattiva intenzione. Don Giuseppe mi aveva fatto una domanda che non rappresenta una vera richiesta di informazione, ma era un modo di comunicare un pensiero, forse un invito a riflettere su qualcosa. Quel giorno imparai a conoscermi un po’ meglio e in seguito quella implicita affermazione diede gambe e spazio alle idee. Negli anni che seguirono quella lezione giovanile rividi don Giuseppe altre tre volte, da parroco a Pez, a Zorzoi e poi Longarone. Ogni volta l’incontro tra noi era schietto e franco come le sue prediche e non mancava mai di chiedere notizie su Cesio e sulla mia famiglia. Don Giuseppe è morto il 9 aprile a 67 anni. Un’emorragia celebrale lo ha colpito in canonica mentre si preparava a celebrare la messa nella sua chiesa a Valle di Cadore per la quale, piegata dal dissesto geologico, si era tanto battuto.

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