Ricordare il passato per prendere coscienza del presente. Lo studio della storia recente è un atto fondamentale per guardare al futuro cercando di non ripetere gli stessi errori. La ciclicità della storia ci insegna che questo passo è lungi dall’essere facile e realizzabile, ma la memoria non deve mai rimanere ferma; deve essere ravvivata, vissuta, percorsa, tracciata, deve essere viva.
Con questo intento, vi vogliamo parlare del pedavenese Giovanni Turrin, nato all’inizio degli anni Venti del Novecento e che ha vissuto gli orrori della seconda guerra mondiale in aree del conflitto, spesso, fuori dalle rotte della narrativa di quel conflitto.
Egli venne arruolato – come ci racconta la figlia Tiziana – nel settimo Reggimento Bersaglieri e addestrato a Bolzano come radiotelegrafista. In seguito si imbarcò verso l’Africa, dove venne fatto prigioniero dopo la campagna di El Alamein e fu imprigionato nel campo dì concentramento a Zonderwater Block, in Sudafrica, fino all’ottobre del 1944; poi fu trasferito in Inghilterra, al lavoro coatto, per la ricostruzione dei danni della guerra, dove rimase fino all’aprile del 1946. Qui, imparò la lingua inglese che non volle quasi mai usare tranne che per cantare delle canzoni ai suoi nipoti, conseguenza, questa, dei tremendi momenti vissuti sotto la prigionia britannica.
Giovanni fu fiero del suo ruolo nel corpo dei Bersaglieri ai cui incontri partecipava e di cui aveva grande rispetto come si evince da quest’ultimo ricordo della figlia: «Ad El Alamein depose, in ricordo degli amici abbandonati nelle sabbie del deserto africano, un mazzolino di stelle alpine sulla bianca targa marmorea, posta dai Bersaglieri del 7° Reggimento il 1° luglio 1942, che riporta la frase: “Mancò la fortuna, non il valore!”».
La figlia stessa, nel centenario della nascita, ha scritto, per ricordarlo, una lettera al padre ormai scomparso, che potete trovare nel sito del Comune di Pedavena.