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La Domenega

com'era prima del "benessere"

La Domenega

com'era prima del "benessere"
Domenica dopo la messa - San Gregorio nelle Alpi

Domenica è sempre domenica, si sveglia la città con le campane…” recitava una vecchia canzone degli anni Cinquanta. Ma la domenica è rimasta ancora quella di una volta? Penso di no; molte sono le cose cambiate in quegli usi e costumi delle domeniche del passato, in quelle tradizioni che ci erano state tramandate dai nostri vecchi e che noi della generazione del dopoguerra abbiamo mantenuto ancora per qualche decennio, fino a quando le nuove generazioni e soprattutto il benessere hanno fatto in maniera di cambiare e di far dimenticare. Ma quali sono queste differenze, queste usanze ed abitudini che sono cambiate?

Cambiamenti che si sono verificati non sono solo sotto l’aspetto religioso, ma anche sotto un aspetto sociale, famigliare, di usi e costumi e di tradizioni che, come dicevo prima, sono in gran parte dovuti a quella disponibilità economica che sicuramente non avevamo in passato. Non avevamo la possibilità di andare al mare d’estate o a sciare durante l’inverno, i nostri genitori non avevano la macchina per andare a fare qualche gita nei dintorni. Non avevamo motorini o qualsiasi altro mezzo di locomozione, fatto salvo per qualcuno che possedeva magari una vecchia bicicletta sgangherata con la quale, raramente, si azzardava ad andare fino a Santa Giustina a vedere il cinema (che comunque doveva essere assolutamente quello parrocchiale, pena il sequestro della bicicletta per diverse domeniche!).

Allora la domenica era molto sentita, aspettata, organizzata sempre in maniera metodica, con un programma che, fatto caso di rare eccezioni, scorreva sempre nella stessa maniera, con gli stessi programmi. Pur potendo dare l’idea della monotonia, in quanto l’organizzazione era sistematica, quello della domenica era invece un giorno di festa, di comunità e di allegria proprio perché la si trascorreva tutti insieme, iniziando dalla mattinata per finire a notte inoltrata.

Si cominciava al mattino (parlo di noi ragazzi), trovandoci in buon numero per andare a servire insieme la prima e/o la seconda messa; finita questa, ci rimaneva il tempo libero fino a mezzogiorno per giocare sul sagrato della chiesa o in quello che era il nostro campo di calcio dietro di essa, mentre gli uomini, sempre abbastanza numerosi, si fermavano sul sagrato a scambiarsi “quatro ciacole”, raccontandosi le vicende della settimana; altri, amanti del gioco delle carte, si fermavano a fare qualche partita a “scarabocio” o “tresette” nelle osterie della piazza, gioco che, per quelli più accaniti, si protraeva oltre il mezzogiorno… e non era caso raro veder arrivare le mogli con il cesto contenente il pranzo, in quanto i mariti rimanevano a giocare per tutto il pomeriggio fino alla sera! Noi ragazzi ci ritrovavamo ancora in piazza nel pomeriggio per poter giocare per un po’ di tempo prima di andare a dottrina; spesso capitava, per il fatto che il gioco non era ancora finito (in genere si giocava a “liberato”), che si ritardasse ad entrare in chiesa ed allora arrivava don Evaristo che ci veniva a prendere; e magari, quelli più risoluti nel ritardare, li convinceva con qualche “crok” sulla testa a desistere dal gioco!

Ma dopo, finita la dottrina, allora sì che la domenica era proprio domenica! Ci raggruppavamo in diverse squadre per fare tutti quei giochi che per tutta la settimana avevamo programmato e sognato. Molte delle nostre domeniche erano destinate al gioco del pallone ed allora, non avendo un campo di calcio, si andava in un prato o nell’altro dove avevano appena falciato l’erba e, dribblando fra i “maruzh”, si passava tutto il pomeriggio a correre dietro ad un pallone che per tanto tempo non è stato altro che un involucro riempito di fieno. Però alla fine, stremati, avevamo la certezza di aver passato un pomeriggio di vero e sano divertimento.

Altre domeniche erano dedicate a tutti quegli altri giochi da farsi sul sagrato della chiesa quali liberato, spuzha, il mitico “cuc” ed altri ancora, ben consapevoli che, finiti i giochi, ci aspettava ancora il sacro dovere, prima di ritornare a casa, di andare alla “funzion” per chiudere la domenica!

Ora, con questo “benessere”, ragazzi, giovani e giovanotti non trovano più il tempo di fermarsi, sono sempre impegnati a correre, ad andare in altri luoghi, magari non trovando la serenità, quella serenità che noi avevamo con i nostri semplici giochi.

Fortunatamente da alcuni anni anche per questi ragazzi si è creato un luogo, l’oratorio, dove si possono incontrare, trascorrere il loro tempo libero in maniera semplice e serena, dove si vedono ancora i ragazzi giocare insieme con la stessa unione che era tipica anche ai nostri tempi, un’unione che fortunatamente riesce ancora a farli divertire e sorridere!

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