Era passato poco tempo da quando, andando in sposa a Campel, le donne del vicinato erano venute a trovarmi, portando doni. Tra le altre cose, sapendo della mia propensione per la contabilità, mi consegnarono il libretto di deposito con i fondi per il mantenimento della chiesetta. Erano frutto di anni di donazioni e di offerte». A raccontarci queste cose è la signora Roberta, tuttora responsabile della conservazione del bene.
È vecchia consuetudine, infatti, in questo ed altri luoghi sparsi fra i monti, che i piccoli edifici di culto siano affidati alla custodia e alla generosità degli abitanti.
«Grazie alle manifestazioni che accompagnavano le varie ricorrenze – continua – era stata raccolta una bella somma, di cui la chiesa aveva bisogno. Cominciammo dagli interni, sostituendo paramenti, banchi e i cuscini. Quelli presenti erano uno diverso dall’altro, fatti a mano dalle donne del paese, funzionali in casa, ma poco intonati alla chiesa. Pulimmo muri e pavimenti, curammo le suppellettili e rinfrescammo gli intonaci. Scoprimmo anche dell’esistenza di una pesante infiltrazione, che comprometteva la stabilità di una parete. Sospendemmo i lavori alla ricerca di nuove risorse. Il borgo collaborò. Chi offrì i mezzi della propria impresa, chi la mano d’opera, chi il proprio sostegno».
In montagna gli inverni sono imprevedibili e quando è necessario intervenire non si lasciano passare le stagioni. Inaugurammo i lavori con l’arrivo del nuovo parroco, in una bella festa organizzata in una casa privata. Le funzioni ora son diventate più rare, di rado il prete arriva fin quassù, ma la chiesetta resta per noi un simbolo, un valore, soprattutto quando ci raccogliamo per le veglie ai nostri morti. Sembrava tutto a posto. «Ma a quel punto fu il campanile a non volerci più stare! Quasi invidioso del restauro della compagna, cominciò a cedere in alcuni punti, richiedendo un intervento. Stavolta i fondi non c’erano. Eppure anche lui era un bel manufatto realizzato in faccia a vista con pietre ricavate e lavorate in zona. Abituati a vederlo da lontano, per noi è il centro della piccola comunità.
Un giorno ricevo una telefonata – continua Roberta – di una compaesana andata a vivere in città. Dice che, per ricordare il 50° di matrimonio, lei e il marito avevano deciso di rientrare per una cerimonia nella chiesetta che li aveva uniti. I due avevano anche messo da parte una somma per i festeggiamenti. Purtroppo, a pochi mesi dall’evento, il coniuge era mancato. A questo punto lei aveva deciso di devolvere la somma al mantenimento della chiesetta. Una manna per noi che così completammo l’opera di restauro».
Il campanile, ora riparato, risplende del colore della pietra e ricorda a tutti che per vivere in montagna occorre saper declinare nel tempo una parola: solidarietà.