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Inversioni Termiche invernali e inquinamento

tipicità della stagione fredda

Inversioni Termiche invernali e inquinamento

tipicità della stagione fredda
Cortina montagna neve inverno

Mattinata invernale in un periodo di forte stabilità, senza vento né precipitazioni. Partiamo dal fondovalle e saliamo velocemente per un’escursione lungo i pendii montuosi della Valbelluna, ma via via che saliamo notiamo con stupore temperature sempre più miti. Da giorni si parla di sforamento dei valori di PM10…

L’inverno nel bellunese è normalmente la stagione più secca e trovarsi nel mezzo di periodi anticiclonici anche lunghi è frequente. Il fenomeno dell’inversione termica è citato spesso nei bollettini meteo, ma com’è possibile avere in Valbelluna una temperatura molto più bassa che ad Arabba o Cortina?
La spiegazione sta nella natura di un anticiclone. Gli anticicloni (detti anche “alte pressioni”) sono zone di stabilità atmosferica esistenti in tutte le stagioni, in continua formazione, mutamento, spostamento e dissolvimento. Sono in grado di insistere per più settimane su zone vaste come tutta l’Europa Occidentale e impedire ogni precipitazione al loro interno. Li possiamo immaginare come una sorta di cupola al cui centro c’è calma di vento e l’aria viene compressa molto lentamente dall’alto verso il basso. Questo movimento dell’aria causa un aumento della pressione al suolo e stabilità atmosferica.
In presenza di un anticiclone, nella stagione estiva il riscaldamento del suolo, dovuto ad un forte soleggiamento diurno, provoca lo stesso la formazione di correnti ascensionali (bolle di aria calda che si staccano dal suolo e salgono verso l’alto formando spesso nubi) e quindi un discreto rimescolamento degli strati d’aria. Il terreno di notte impiega molto tempo a disperdere il calore accumulato. Per questi motivi le inversioni termiche estive sono rare.
In inverno, invece, i raggi del sole sono deboli e faticano a riscaldare un suolo magari anche riflettente perché innevato. Questo comporta che, durante il giorno, non si formano correnti ascensionali e vi è scarso rimescolamento degli strati d’aria; alla sera il suolo – e di pari passo l’aria a poche decine di metri di altezza – si raffredda molto rapidamente. A questo si aggiunge che in assenza di vento l’aria fredda, più pesante, tende a sedimentare nel fondo delle conche.

In sintesi assistiamo a questi fenomeni:
nelle valli a catino, come la Valbelluna, si formano laghi di aria gelida sotto i 400-500 m. di quota circa e le località poste più a bassa quota (es. Feltre, Celarda) sono per questo motivo notoriamente fredde; il fenomeno è accentuato in presenza di suolo innevato;
si generano un forte ristagno dell’aria a fondovalle e un aumento della concentrazione di componenti inquinanti come le polveri sottili (PM10); è un parametro spesso monitorato dagli enti preposti (Arpav) e al quale è necessario porre attenzione;
negli impianti sciistici sotto i 1400-1600 m. circa diventa difficile utilizzare l’innevamento artificiale, a causa di temperature molto superiori alla media, vicine o superiori a 0°C anche di notte.

Per quanto riguarda l’inquinamento, la “pulizia” può essere effettuata dalla natura tramite l’arrivo di una perturbazione, magari nevosa, oppure una ventosa giornata di Fhön che – ricordiamolo – non eliminano gli inquinanti ma al limite li trasferiscono altrove. La vera soluzione è invece alla radice e ci coinvolge tutti, tramite un comportamento corretto e responsabile di ognuno di noi in particolare nell’utilizzo dei veicoli e degli impianti di riscaldamento.

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