Tutto esaurito per la prima data del nuovo tour di Enrico Ruggeri, partito dal Monte Avena lo scorso 16 luglio. L’artista milanese ripercorre le tappe più importanti del suo repertorio per concludere con il pubblico sotto il palco ad abbracciare simbolicamente uno degli artisti italiani più emblematici degli ultimi quarant’anni. Noi de “Il Veses” abbiamo colto l’occasione per farci raccontare il nuovo album ma anche alcune curiosità della sua lunga carriera.
Com’è cominciato tutto?
All’inizio era un hobby e facevo musica degli altri. Poi ho iniziato a scrivere qualcosa e quasi senza accorgermene è arrivato il primo gruppo e poi il primo album.
Quali erano i tuoi sogni all’epoca? E quelli di adesso?
All’epoca sognavo di fare un disco, magari due, ma la realtà ha superato di gran lunga la fantasia.
Qual è stata la prima canzone che hai scritto e cosa la lega all’ultima?
“Vivo da re” insieme a Silvio Capezzi, avevamo sedici anni. Sicuramente le mie canzoni sono legate dal tentativo di fare cose diverse dagli altri.
Negli anni ho continuato a cercare dentro di me e messo alla prova le mie potenzialità per soddisfare l’esigenza di esprimermi e dire quello che penso e quello che provo.
Come sono cambiati i tuoi testi negli anni?
La cosa positiva dell’invecchiare è che ogni cosa è sempre diversa, vedi il mondo per quello che è stato e cambia il modo di guardare il presente. Poi sono sicuramente migliorato dal punto di vista poetico.
C’è una figura che ha ispirato la tua musica o il tuo modo di vedere le cose? Un insegnante, un cantante, uno sportivo o un poeta?
Ho avuto la fortuna di vivere negli anni dei Deep Purple e dei Led Zeppelin, di John Lennon e Bob Dylan, di David Bowie e Lou Reed, e poi è arrivato il Punk. Ho imparato tanto da tutti loro, sicuramente hanno influenzato il mio modo di fare musica ma non al punto da assomigliare a uno di loro.
C’è una cosa che avresti voluto fare ma non hai fatto?
No, negli anni ho fatto tutto quello che volevo: dischi, libri, televisione e radio. Ho sempre voluto raccontare storie e ci sono riuscito. Poi la vita è molto strana e succedono cose che non avevi previsto o immaginato e potrebbero esserci anche altre novità in futuro, così come è successo negli anni scorsi.
C’è una canzone che non hai mai pubblicato e che conservi come una foto del cuore?
Ho pubblicato tutte le canzoni che ho scritto, anche quelle più intime e personali, solo non le canto dal vivo.
I CONCERTI
Hai fatto più di 3.300 concerti: ti ricordi il primo?
Mi sono esibito all’oratorio quando avevo quindici anni, cantai “We use to know” dei Jethro Tull. Lo dissi anche a Ian Anderson quando lo incontrai e lui si limitò a sorridere.
E quello memorabile?
A San Paolo del Brasile, facevano concerti tutte le domeniche. Io ero un perfetto sconosciuto e dovetti mostrare i documenti e il pass per accedere al palco. Iniziai il concerto davanti a cinquemila persone e lo terminai davanti a ottantamila e quando uscii dovettero scortarmi tra la folla.
Raccontami del non concerto dei Decibel
Dovevamo muovere le acque in qualche modo, e così abbiamo annunciato un concerto in un locale anche se sapevamo che non avremmo mai suonato in quel posto. Abbiamo fatto stampare dei manifesti e durante la notte li abbiamo affissi vicino alle scuole, alle sedi dei sindacati e dei centri sociali. Era il primo concerto Punk a Milano e arrivarono circa in trecento per l’evento. I Punk all’epoca non erano ben visti e quella sera giunsero anche cortei studenteschi, avanguardie operaie e gruppi di fascisti e si menarono un po’ tutti mentre noi guardavamo dal balcone della casa di fronte. Il giorno dopo tutti i giornali parlavano di noi e degli scontri durante il nostro concerto e due mesi più tardi eravamo in studio a registrare il nostro primo album.
CURIOSITÀ
Che rapporto hai con la morte?
La morte è un evento ineluttabile e per me è sempre stato uno stimolo a fare cose per cui essere ricordato, ho sempre cercato di fare cose interessanti per lasciare un segno del mio passaggio.
Hai la possibilità di incontrare un musicista del passato e uno scrittore: chi ti piacerebbe incontrare?
Mozart, era sicuramente un uomo e un musicista controcorrente. Tra gli scrittori Dostoevskij.
Se tu fossi un super eroe?
Tra i vari superpoteri sceglierei la capacità di vedere attraverso i muri, credo che sarebbe divertente.
Hai fatto l’insegnante in una scuola media: cos’è per te l’insegnamento?
Fare l’insegnante è un po’ come fare il cantante perché devi affascinare dei ragazzi, devi suscitare il loro interesse. È un bel lavoro solo che in Italia è sottopagato e ti devi alzare al mattino. Negli ultimi anni ho tenuto corsi di storia della musica al conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, ma è un approccio diverso.
Devi scrivere un messaggio, infilarlo in una bottiglia e affidarlo al mare. Cosa scriveresti in quel biglietto?
Pensate con la vostra testa.
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