Mi incontro Paolo Moro nella sua casa di Trichiana, fresco reduce dal primo premio della giuria tecnica al simposio di scultura di Siror. Il tema di quest’anno, “I Re Magi”, è stato mirabilmente rappresentato dall’artista in una stella cometa che abbraccia i tre Savi e li conduce verso la luce.
55 anni, trichianese dalla nascita, operaio di professione, Paolo può apparire forse un po’ timido ad un primo approccio, ma in realtà si rivela poi un piacevole interlocutore tanto che la mezz’ora prevista per l’intervista si rivela pesantemente sottostimata.
Arriva alla scultura in modo atipico nel 1993. A due anni dalla morte del padre, sente una spinta interiore che lo porta a prendere in mano i vecchi attrezzi con cui il genitore si dilettava nel tempo libero a intagliare il legno. Si tratta di attrezzi da fabbro che l’uomo si forgiava da solo, con i quali Paolo dà vita alla sua prima opera, una testa di uomo. Nel 1997 si trova a partecipare al suo primo simposio in occasione delle celebrazioni per San Martino a Belluno e da qui in avanti la sua carriera è una continua escalation.
«La scultura mi ha dato la possibilità di conoscere molte realtà, sia in Italia che all’estero. Due esperienze, che ricordo con particolare piacere, sono la permanenza di un mese a Torino in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006, dove si trattava di scolpire, con altri artisti, riproduzioni di lavori di celebri architetti e la trasferta di due settimane a Malaga dove per 15 giorni ho potuto lavorare con l’ulivo.»
Oltre ai vari tipi di legno (cirmolo, tiglio e legni da frutta principalmente), Paolo si è cimentato anche con materiali diversi: la già citata neve, la pietra e persino il cioccolato. Ha collaborato con vari artisti come pittori e architetti oltre che con i colleghi scultori con cui intrattiene ottimi rapporti e coi quali c’è spesso uno scambio di idee e un confronto.
«Lavoro quasi esclusivamente con strumenti manuali, tranne per sbozzare i ceppi, e questo mi permette di “sentire” la scultura. Non ne ho una alla quale sono particolarmente attaccato perché credo che l’arte debba essere fatta circolare, fatta conoscere, come uno scrittore fa con un libro. Le mie opere traggono origine dal tema di un concorso o di una rassegna, dai desideri di un cliente oppure da un’ispirazione improvvisa, ma tutte hanno un tratto distintivo che le contraddistingue e ne riprova la “paternità”.
Solitamente l’idea che prende forma nella mente viene tradotta in un disegno su carta, un semplice abbozzo che poi pian piano viene elaborato e talvolta trasferito in un bozzetto, una riproduzione in piccola scala di quella che poi sarà l’opera finita.»
Attualmente Paolo sta lavorando ad una scultura per il Comune trentino di Vallelaghi, che andrà esposta in un parco tematico a celebrare la “Ferrata delle aquile”.
«Scolpire il legno mi permette di entrare in un’altra dimensione, dove non esiste il tempo e i pensieri della vita di tutti i giorni vengono lasciati in disparte, dove il profumo del legno permea l’aria e rimango solo, col legno che prende forma sotto le mie mani.»
Fino a diventare un’opera d’arte.