Siamo nell’antico palazzo del banco dei pegni in Feltre che nel pieno Rinascimento veniva impreziosito da affreschi, citazioni, dipinti e stucchi di vario tipo. Ma fra questi suscita un particolare interesse quello circondato dalle scritte dedicate al nobile Zacharia Berton. Le splendide grottesche che impreziosiscono i saloni con rappresentazioni di simpatici diavoletti e piante avrebbero trovato in seguito, nel 1545 nello splendido salone del Municipio di Mel (Borgo Valbelluna), una dettagliata evoluzione stilistica.
Qui infatti venne invitato nella sua piccola patria, condotta magnificamente dal conte Zorzi, il noto pittore Marco da Mel, che da decenni ormai si era fatto apprezzare nel grande lavoro di abbellimento artistico della città di Feltre, dopo gli incendi e distruzioni delle truppe imperiali ai tempi della lega di Cambrai. La Serenissima, infatti, rese la città di Feltre talmente splendida da costituire ancor oggi un mirabile esempio di architetture abbellite da affreschi dell’epoca. Ovunque a Mel, nel salone del Municipio, compaiono citazioni alla coltivazione della vite, con profondi contenuti di allegoria mitologica e rimandi storici. Non possiamo sottovalutare il ruolo che poteva aver costituito quell’unicum formato da una lapide d’epoca romana scoperta su quei temi, collocata sul muro della grande chiesa in piazza, che rappresenta dei voraci volatili alle prese con un tralcio di rigogliosi grappoli d’uva.
Nei primi decenni del secolo scorso, e in particolare fino a poco prima della grande ritirata di Caporetto, il tragico evento del 1917, l’intera Valbelluna era un rigoglioso territorio dove prodotti agricoli, viti e vini costituivano una importante risorsa alimentare anche per le truppe impegnate nel lontano fronte sull’Isonzo oltre il Friuli. La ritirata e l’assestamento delle truppe italiane sul Monte Grappa e la riva destra del basso Piave infersero un duro colpo all’intera economia agricola della Valle. Fino al 4 novembre del 1918, infatti, l’intero territorio, diventato seconda linea del vicino fronte, costituì per le truppe dalle origini più disparate che collaboravano con l’Impero Asburgico zona di saccheggio totale, impoverendo così l’economia agricola. E solo da pochi anni, ma con risultati veramente interessanti, una nutrita schiera di imprenditori, premiati al Vinitaly per la qualità dei loro prodotti, ha collocato nelle zone una serie di pregevoli piantagioni a vigneto.
Non a caso vaste proprietà, che circondano esempi architettonici veramente interessanti di ville, castelli e resti di torri medievali, ricominciano oggi una nuova vita in cui il connubio tra bene culturale – costituito da territorio, antichi fabbricati e coltivazioni – va di pari passo con varie tipologie di vini. Vi è una moderna ricerca di metodi e coltivazioni per proporre un connubio fra agricoltura ed ambiente, un rapporto che nel dibattito fra le varie parti ricerca soluzioni compatibili con i territori e le persone che si ritrovano con apprensione a contatto, se non con inedite tipologie di coltivazioni, con metodi moderni intensivi nell’uso di delicati prodotti chimici; temi che accompagnano la grande cura riposta nei nuovi impianti
Come a Cor, nei pressi di Castion, dove la famiglia di Gaetano, molto nota nell’area di Conegliano, attende personalmente con figli e numerosi nipoti il vasto podere. Luoghi della grande storia con antiche dimore, i resti della torre bizantina su un ameno colle, la chiesetta dedicata a San Benedetto certificano ampiamente il motto “Ora et Labora”.
Nei lavori relativi ai nuovi impianti è stata rintracciata la testimonianza di un antichissimo fabbricato che, a seguito di un accurato scavo archeologico, ha evidenziato la presenza di una frequentazione medievale: resti di muri, ma soprattutto una ricca pavimentazione con lastre di arenaria e mattoni che circondano una grande macina da mulino. Negli stessi luoghi era stato ritrovato un sarcofago in pietra finemente decorato con la citazione finale particolarmente significativa “Rusarum et vindemia”, un simbolo prezioso per le nuove coltivazioni. Poco oltre, le grandi cantine della Villa di Centore a Limana, con immensi tini, botti, attrezzi vari, testimoniano una lunga tradizione e i proprietari hanno consentito la collocazione del primo importante esempio di moderni vigneti.
Ci ha creduto Bernardo Piazza con la collaborazione dell’attivissima moglie raggiungendo in pochi anni ambitissimi premi con un prodotto dal particolare sentore di fiori di montagna. Tali recenti risultati han portato a riaffermare la possibilità di reintroduzione della coltivazione vinicola nell’intera vallata, una tradizione che nel tempo si era persa a favore di altre culture. È il caso della grande tenuta di Casteldardo , nota per la torre e il celebre antico testo in volgare italiano “De Castel Dard avì li nostri bona part …”, dove attorno alla grande villa rinascimentale dei Conti Foscolo Nobili Veneziani si stanno inserendo anche nuovi vitigni di tradizione alpina più resistenti al clima. Ancor poco oltre il torrente Ardo, una solatia collina a Zottier di Mel ospita i nuovissimi impianti di Poggio Pagnan con coltivazioni all’avanguardia e un confortevolissimo fabbricato dedicato ad una qualificata ospitalità-alloggio.
Oltre Feltre, nei pressi del favorevole clima del lago di Arsiè, l’antica tradizione del nonno è stata ripresa con valente impegno dai fratelli De Bacco arrivando a produrre e commercializzare vini di rara qualità. L’altopiano di Vignui con i suoi “Oltre le Vette” ha riscoperto l’antica tradizione proprio in territori nei pressi dell’antica chiesa di San Martino, santo che, con il suo storico ed emblematico gesto del taglio del mantello, simboleggia un riscatto dalla povertà per ritrovar un futuro, proprio come questa florida “nuova” ma attualissima agricoltura di montagna.