La scorsa estate ho incontrato per caso una coppia, che ebbi modo di conoscere qualche anno fa nell’ambito di un delicato caso professionale. Luigi e Gianna mi raccontano gli sforzi compiuti per mantenere il legame con il nipote Matteo, nonostante la lontananza del padre. Riescono a vederlo un week-end ogni 3 settimane circa, e per tempi più lunghi durante le vacanze estive e invernali. Il nipote ora è abbastanza grande per avere un suo cellulare e spesso comunica con loro anche con messaggi e foto. Luigi e Gianna si presentarono in studio qualche anno fa, entrambi seriamente preoccupati perché da 10 mesi non riuscivano a vedere né sentire telefonicamente il loro nipote, che all’epoca aveva 8 anni.
Dopo aver tentato una soluzione stragiudiziale, decidemmo di presentare ricorso al Tribunale dei Minorenni di Venezia e in udienza il Giudice ascoltò con molta attenzione la loro storia, riconoscendo quel diritto di visita, che era stato ingiustamente compromesso. Mentre li guardo negli occhi, percepisco una ritrovata serenità e ripercorro mentalmente la vicenda. Ricordo come fosse ieri la loro iniziale rassegnazione, la delusione per la fine della relazione sentimentale del figlio, e l’inquietudine per aver perso in poco tempo i legami più cari: il figlio, ritornato in Germania per motivi di lavoro, e il nipote, affidato alla madre e trasferito in una nuova abitazione fuori provincia.
La separazione tra i coniugi non era stata facile e nemmeno la decisione del padre di allontanarsi dall’Italia era avvenuta a cuor leggero. Vista la particolarità del caso, il Giudice della separazione aveva concesso al minore di trascorrere maggior tempo con il padre, in coincidenza dei giorni in cui questi rientrava in Italia per le ferie. Inoltre, aveva esortato la madre a una proficua collaborazione per garantire al minore il mantenimento di rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Nei fatti, ciò non era avvenuto. La mamma di Matteo aveva impedito ai nonni paterni la frequentazione del nipote e persino i colloqui telefonici, preferendo affidarlo ai nonni materni o ad altre persone di sua conoscenza, rendendo così inevitabile il ricorso al Tribunale. A distanza di anni, il conflitto è sopito e i vari protagonisti di questa vicenda hanno finalmente trovato un nuovo equilibrio, ma mi chiedo, dottoressa, se sia possibile immaginare di prevenire questi scontri intergenerazionali, lasciando che il processo di separazione si risolva all’interno della coppia che l’ha generata.
Leggevo e, inevitabilmente, è riaffiorato il ricordo di altri bambini e ragazzi contesi e divisi dai nonni perché i genitori si stavano separando. È sempre così complicato, quando si rompono le relazioni, attribuire e riconoscere ai figli il loro posto naturale e, come dice il filosofo Gibran, stare al loro fianco con uno sguardo che “dà loro tutto il nostro amore, ma non i nostri pensieri… senza forzarci di essere simili a loro, ma non cercare di renderli simili a noi… perché la vita non torna indietro e né si ferma a ieri”. Il mestiere di genitore lo si impara crescendo i figli e contiene, in ogni essere umano, il vincolo di essere stato prima di tutto figlio. Spesso le persone diventano consapevoli dell’intensità, dell’influenza e della forza dei legami con la propria famiglia quando diventano padri e madri ed è per questo che i genitori, quando chiedono aiuto e sostegno, hanno bisogno di un ascolto capace di accogliere l’unicità di quel racconto, dei sentimenti che lo hanno fondato, cercando il senso oltre le conoscenze stereotipate, i giudizi e le teorie. Quando la relazione amorosa viene meno e la coppia si separa, il riverbero emotivo di questo evento si espande e diffonde con intensità nei rispettivi gruppi familiari. Come il sasso che, cadendo nell’ acqua, produce innumerevoli cerchi, ognuno dentro l’altro.
Le racconto anch’io una storia. Quest’estate Giulia, una signora di oltre settant’anni, mi ha chiesto aiuto, preoccupata perché non sa come comportarsi con la nipote Carla, quasi trentenne, separata da circa sei mesi, in difficoltà con il figlio e l’ex marito perché i suoi genitori non vogliono che il bimbo stia con il padre.
Giulia non condivide l’atteggiamento dei genitori e soprattutto ha in mente cosa è accaduto tanti anni fa quando sua figlia, la mamma di Carla, si era separata. “Sono confusa”, dice, non ha la stessa forza di allora e non so affrontare nuovamente la sofferenza della separazione, la seconda nella storia della sua famiglia. Allora aveva scelto, consapevolmente, di non prendere le parti di nessuno e, pur vicina affettivamente alla figlia, travolta dalla separazione inaspettata, l’aveva continuamente richiamata alle sue responsabilità materne sostenendo che i bisogni della nipote erano più importanti della sua rabbia e del suo dolore.
“È stato difficilissimo” mi ha ripetuto più volte, con gli occhi pieni di emozioni, ma “ho dovuto fare così, essere determinata nonostante la sua angoscia”. Con pacatezza e convinzione le sue parole hanno descritto come, pur comprendendo la figlia, aveva scelto di proteggere il bene più fragile, la nipote, perché era nonna grazie alla generatività di entrambi. In cuor suo sapeva che Carla la collegava alla figlia e al genero, che stare fuori dai giochi dolorosi della lite avrebbe potuto ricomporre la situazione, che uno sguardo comprensivo avrebbe aiutato la nipotina a sentire la continuità e stabilità familiare. È convinta di aver fatto la scelta giusta non intromettendosi nella separazione, anche di aver aiutato la figlia e crede che anche Carla, se ritrova la sua forza, saprebbe sostenere le sue ragioni e i suoi convincimenti. Come nonna è pronta ad aiutarla, se lei lo vorrà, assumendosi l’impegno economico.
Giulia ha lasciato gratitudine e amorevolezza per la saggezza e sapienza con la quale offre presenza ed esempio alle donne della sua stirpe e credo, avvocato, che la diversità di queste storie ci colleghi a quell’invisibile sentimento che attraversa, dà senso e valore ai legami intergenerazionali.
In queste storie così diverse, cara dottoressa, intravedo un filo conduttore, che sta nell’esigenza di mantenere uno spazio di libera espressione, in cui nonni e nipoti possono incontrarsi, condividere, crescere. Il bagaglio di memoria e di affetto di cui i nonni sono portatori va preservato e distinto da quello genitoriale, nel rispetto del diverso ruolo che ognuno riveste nel percorso di crescita ed educazione dei nipoti-figli.
Anche il Legislatore ha riconosciuto il ‘diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni’ (art.317-bis c.c.), cui corrisponde lo speculare diritto del minore. Vengono così valorizzate le relazioni significative della famiglia allargata, che peraltro, a fronte dell’indebolimento della famiglia nucleare – specialmente nel momento della sua crisi – spesso coadiuva o supplisce i genitori che scelgono di non vivere insieme.
Ciò che accomuna questi nonni è la volontà di superare, di guardare oltre le scelte dei propri figli, condivisibili o meno, per garantire l’espressione di quell’affettività che non può subire compressioni e rappresenta l’essenza dello scambio generazionale.
Aggiungo che l’esperienza di diventare nonni è in un certo senso pura, gratuita perché i nipoti sono frutto di una decisione dei figli. I nipoti non sono solo una nuova vita che nasce, ma una nuova generazione di cui i nonni sono capofila nel passaggio della vita e con essa del passaggio delle eredità materiali e simboliche, di ciò che ha valore tra le generazioni.