Non è la storia di un gatto randagio o rinselvatichito ma di un verace fantasma delle foreste: il gatto selvatico (Felis silvestris), il cui nome racconta del suo habitat fatto di estese selve dove silenzioso e solitario caccia roditori e uccelli.
La sua storia scorre pressoché parallela alla storia dell’Homo sapiens. Una specie antica di almeno 300.000 anni che si è ben guardata dal diventare domestica, nonostante le evidenti comodità, testimoniate dai nostri gatti di casa che, portati qui dal Medio Oriente, sono invece discendenti del gatto selvatico africano (specie evidentemente più diplomatica).
La scomparsa nell’arco alpino di questo nostro antico e indomabile vicino è dovuta all’uomo che ha divorato sempre più la foresta, a favore di campi e prati, e che ha mosso guerra agli animali che interferivano con le attività umane. Complici veleno ed armi da fuoco, il culmine è avvenuto nel XIX secolo con lo sterminio di quasi tutti i carnivori. Dopo circa un secolo (metà anni ‘60) si sono avuto timidi affacci di gatti dai Balcani attraverso il Carso e pian pianino sono aumentate le segnalazioni verso occidente: nel 1983 un maschio è stato abbattuto in Cansiglio e nel 2003 una femmina è stata investita a Serravalle (Vittorio Veneto). Negli ultimi anni si sono susseguite sempre più segnalazioni della specie soprattutto nella parte meridionale della provincia di Belluno.
Da noi l’habitat elettivo è il bosco misto di latifoglie e conifere con zone aperte, rocce e pareti dove trova piccoli mammiferi, le sue zone di rifugio e alleva i piccoli. Il territorio di un maschio adulto mediamente è di 15 Kmq e al suo interno vivono due-tre femmine che hanno a loro volta territori esclusivi. Come quasi tutti felini, sono solitari e le uniche occasioni di interazioni sociali si hanno durante il periodo degli accoppiamenti, da gennaio sino ai primi di marzo. Il nostro felino è attivo principalmente dal crepuscolo all’alba e evita la presenza umana: ecco perché è così difficile poterlo osservare! La tecnica del fototrappolaggio ci permette di comprendere la sua biologia, in modo molto discreto: le caratteristiche ambientali scelte per l’allevamento dei piccoli, le interazioni con altri carnivori, le sue preferenze alimentari etc.
Il nostro gruppo di ricerca utilizza dal 2015, in un’area di studio nelle Prealpi Bellunesi, decine di fototrappole e siamo riusciti a raccogliere in cinque anni più di 300 video, dimostrando non solo la presenza di una popolazione, ma documentando dal 2016 addirittura sei riproduzioni, con complessivamente ben nove piccoli.
Relativamente alla potenziale interfecondità con il gatto domestico, dai dati in nostro possesso sembra che questo problema sia al momento marginale e trascurabile. La popolazione Veneta appare quindi in salute, pronta ad espandere l’areale e colonizzare così nuovi territori. Ogni nuovo dato è importantissimo, quindi se ritenete di aver visto un gatto selvatico non esitate a scrivere a: marcocatello@gmx.de