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Il castagno secolare di Carve

500 anni di storia

Il castagno secolare di Carve

500 anni di storia

Partimmo presto, dalla località Bardiaga sopra i boschi di Soffrede, all’alba di quel magnifico solstizio, dalla storica dimora dell’ingegner Nardi, oggi residenza stabile di un caratteristico personaggio, Giovanni Manfrin, arrivato dall’America, il cui cognome non nasconde certo origini italiane. Il nonno di Giovanni era un avventuroso marinaio giramondo e Johnny l’americano ci racconta con piacere aneddoti fra i nativi americani e tradizioni della Cina, dove è vissuto per vent’anni prima di approdare fra le nostre colline zumellesi. Altrettanto prodiga di informazioni naturalistiche è la compagna, laureata in archeologia, che ha scavato nelle aree del sud Italia, fra le Alpi, al porto preistorico sull’Adriatico e vicino casa, con il prof. Broglio dell’università di Ferrara.

Partimmo di buon’ora visto che l’avventura che ci attendeva era una” passeggiata fra natura e storia” veramente intensa. Pochi metri e già i primi elementi floreali venivano delineati compiutamente nelle loro peculiarità botaniche e curative. Ogni apparente banale pianta, diversa per colore, aspetto, infiorescenze, rappresenta un particolare aspetto totalmente personale e curioso. Si trattava di attraversare le profumate abetaie di Soffredde e scendere verso la Valmaor, una luminosa area che in questo periodo estivo, data la sua posizione verso i tramonti in direzione delle Vette Feltrine, gode di un particolare clima. Infatti la vegetazione dei fitti boschi lascia spazio a fertili radure dove prati fioriti, orti, viti, fichi, noci curati amorevolmente fan bella mostra di sé. In fondo, prima delle forre, il corso d’acqua consente il rinvenimento di preziose pietre canterine di un ottimo calcare da calce.

Una “calchèra” fa bella mostra di sé e della sua storia oltre un ponticello e, da un pannello esauriente, è facile capire quanto lavoro vi fosse per produrre una specialissima calce da costruzione. La pausa seguente per una colazione ed un tuffo sotto la cascata rende veramente i cuori leggeri per affrontare la salita dal nome curiosissimo, “Paltrak”, forse un simbolo onomatopeico della fragilità delle impervie rive percorse da grandi frane anche se dissimulate dalla cortina verde della fertilità dei luoghi. Quando le rocce diventano più solide, ecco sotto un alto ponte, in una spaccatura, l’alta cascata in una voragine ma anche i ruderi di un vecchio mulino. Non manca più molto per l’obiettivo della gita: infatti, al centro del grande pascolo, poco oltre le più antiche case di Montagna di Carve, appare “Lui”: il grande, immenso, storico castagno secolare. Ci raggiunge solo allora il caro amico geometra Marcello Mazzucco da Longarone con la sua professionale e provvidenziale cordella metrica. Cinque metri e quarantaquattro centimetri di circonferenza, straordinariamente corrispondenti agli anni presumibili del patriarca: 554. La fioritura di questi giorni nasconde un po’ la poderosa mole e gli alti robusti rami dove con un balzo qualcuno sale per misurare l’altezza. Si tratta di una pianta maestosa catalogata e citata nel prezioso volume dedicato agli alberi secolari della provincia di Belluno dall’esperto naturalista Anacleto Boranga.

Una pianta che ha visto passare lungo la storica via ai suoi piedi le continue transumanze di greggi, ma anche popoli, viandanti, eserciti verso il vicino passo di Praderadego. Ha goduto la fine del Medioevo del vicino Castello di Zumelle e il passaggio dei veneziani verso la ricca corte di Mel, le tragedie del periodo napoleonico ma anche il Risorgimento e quel “Gostin dei Gobi” che annunciò gridando per le valli la fine della prima guerra mondiale. A pochi passi, su un’altra rupe di arenaria rossa in un luogo circondato da profonde forre scavate dall’acqua e dal tempo, ecco un altro monumento, questa volta di architettura, dalle caratteristiche sacre. Una piccola chiesuola costruita forse per un misterioso voto con grande sapienza tecnica da un abitante dei luoghi.
Mai consacrata, ma amata dagli abitanti dell’area circostante, alla quale son state dedicate due opere di pittura particolarmente simboliche: una in omaggio a Sant’Antonio Abate, patrono dell’agricoltura, e l’altra a San Marco, omaggio a Venezia. La data del solstizio d’estate aveva, negli anni passati, riunito l’intera popolazione del solatio pianoro in una corale festa con musiche e libagioni. In un’edizione particolarmente ben riuscita un amico cantante di New York ha scaldato gli animi, al sorger sopra i crinali della Luna, con una mirabile esecuzione della celebre canzone “My Way” di Sinatra. Il patriarca rivolge ogni sera dall’alto il suo bonario sguardo sui mirabili tramonti del Feltrino. E forse proprio questo miracolo quotidiano è il segreto della sua longevità e fiera bellezza.

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