Nel 1941, con l’occupazione italo-tedesca della Iugoslavia, gli ebrei (ex austriaci, tedeschi, polacchi e soprattutto slavi) fuggono in particolare dalla Croazia. Quelli che si rifugiano in Italia vengono sistemati in campi di internamento (con baracche) nel centro e sud Italia. L’arrivo a Belluno di alcuni ebrei stranieri provenienti dal campo di Ferramonti (Cosenza) avviene in base a quanto autorizzato da Mussolini: in alternativa ai campi, essi possono chiedere l’internamento in un comune (nella nostra provincia sono 12) da loro scelto, alloggiando a proprie spese in abitazioni private e in alberghi, con tutta una serie di dure restrizioni circa le libertà personali. Prima dell’occupazione tedesca (1943) cercano di fuggire da qui.
Gli ebrei internati a Sedico
È una ricerca effettuata dall’Istituto Storico della Resistenza a darci notizie riguardanti i nuclei familiari che scelgono di venire da noi. La famiglia Steinhof è composta da Ludovico, dalla moglie Anna Weiss e dal figlio Rudolf Ruben; padre e figlio giungono a Sedico il 28 ottobre 1941 profughi dalla Croazia ma, per mancanza di alloggi, si trasferiscono a Longarone; la moglie, malata, li raggiunge successivamente. Il 25 novembre 1943 sono a Modena, dalla quale si allontanano per destinazione ignota.
La famiglia Steiner è composta dai coniugi Artur e Maria Schmalz; originari di Vienna, sono profughi dalla Croazia; sono internati a Sedico il 5 novembre 1941 e trasferiti il 25 marzo 1942 a Longarone; al 2 ottobre 1943 risultano essersi allontanati per destinazione ignota.
La famiglia Auferber Müller è composta da Svonimir Auferber, suo fratello Veliko e il loro zio Herman Müller, un industriale; fuggiti dalla Croazia, Zvonimir e Veliko arrivano a Sedico il 24 marzo 1942 trovandovi già lo zio; il giorno dopo tutti e tre vengono trasferiti a Longarone, da cui sono allontanati il 9 febbraio 1943 e mandati a Quero per troppa familiarità con la popolazione; al 2 ottobre 1943 risultano essersi allontanati per destinazione ignota.
La famiglia Halpern è composta da Leopoldo, dalla moglie Frida Jetre e dai figli Davide, Ferdinando e Hinko (quest’ultimo con la moglie Gisella Mandel); profughi da Zagabria, ma cittadini polacchi, a Sedico giungono il 26 ottobre 1941; a Hinko nasce un figlio, Gerson, a Sedico il 15 maggio 1942; Leopoldo lavora nelle segherie dei Meli, Ferdinando a Belluno presso la ditta Parizzi e gli altri due figli presso contadini del luogo; tutti vengono poi trasferiti ad Agordo l’11 maggio 1943 per l’eccessiva familiarità con gli abitanti di Sedico; Hinko, Gisella e Gerson, trasferiti per ragioni di salute a Mel il 3 agosto 1943, vengono arrestati dai tedeschi il 15 febbraio 1944 e, dopo essere passati per Fossoli, vengono portati ad Auschwitz dove giungono il 22 dello stesso mese: Gerson viene ucciso all’ingresso del lager, Gisella morirà in data e luogo ignoti, solo Hinko si salverà; Leopoldo, la moglie e i figli Davide e Ferdinando non risultano deportati.
La famiglia Mandel è composta da Emanuele, la moglie Carlotta Moldovan e il figlio Filippo (la figlia Gisella ha sposato Hinko Halpern); profughi dalla Croazia, chiedono di venire a Sedico (dove arrivano l’8 dicembre 1942) per raggiungere Gisella e il nipotino Gerson; il 18 maggio 1943 vengono trasferiti ad Agordo e poi, su richiesta, sono trasferiti a Mel il 3 agosto 1943 per stare con Gisella e famiglia; anche Filippo, arrestato dai tedeschi il 15 maggio 1944, verrà deportato ad Auschwitz: sarà liberato dall’Armata Rossa; ignota è la sorte dei genitori: non sappiamo se scamparono o no alla deportazione.
Si ha notizia della presenza a Sedico, a dicembre del 1941, anche di Steiner Arturo fu Samuele, nato a Vienna il 13 luglio 1893 di professione gioielliere, e di Steinhof Ludovico, nato l’1 giugno 1900, negoziante, col figlio Rodolfo, studente, nato il 17 giugno 1930.
Una testimonianza
Iole Pasa, figlia di Dino proprietario dell’omonimo albergo, ricorda: “Ci fu un periodo in cui vennero ospitate, a pensione completa, anche delle famiglie di ebrei. Una era la famiglia Steiner, composta da marito e moglie. Erano di Vienna, dove avevano una oreficeria. Erano persone simpatiche, educate, colte, generose col personale. Per ordini ricevuti, il mangiare era razionato, ma mia nonna metteva sotto il loro piatto anche del salame. Un giorno partirono e andarono ad abitare a Padova. Mia (Maria) infine tornò a Vienna dove andai a trovarla. C’era poi un’altra famiglia composta da padre e figlio. Il ragazzo si chiamava Rudi, aveva 15 – 16 anni. Di nascosto lasciò l’albergo e andò in Palestina. Poi seppi che era morto in Israele”.