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Gino Silvestri

da Belluno a Parigi... andata e ritorno

Gino Silvestri

da Belluno a Parigi... andata e ritorno
Gino Silvestri (1)

Era il giorno dell’inaugurazione della mostra di un noto artista, Gino Silvestri da Belun, come amabilmente soleva denominarsi, e si svolgeva proprio a Belluno nel prestigioso Palazzo Cepadona. Un artista da una vita a Parigi, insignito l’anno precedente, il 1989, del prestigioso premio cittadino “S. Martino” preceduto dalla sua fama di docente alla Sorbonne e punto di riferimento dei fermenti culturali parigini del dopoguerra.

A pochi passi da casa e al “Bar delle Rose”, un noto locale che furoreggiava in quei tempi in Valbelluna, a un lato della strada il cofano aperto di una storica Bentley con accanto un uomo in frac non poteva certo passare inosservato, anche se, a dir la verità, l’unico a fermarsi senza alcuna titubanza «sei stato prontamente tu e anzi ti son ancora grato oggi per esser ripartiti in Spyder in tempo per l’inaugurazione», mi conferma l’artista. L’aneddoto infatti è ancora ben vivo nella mente Gino Silvestri, oggi rientrato in patria dopo quasi sessant’anni di vita artistica parigina. Ed è davanti ad un antico confortevole caminetto che ci ritroviamo a parlare amichevolmente.

La sua carriera artistica inizia in una Venezia dove gli studi all’Accademia formano una base culturale ineccepibile, che sviluppa nei primi anni come apprezzato insegnante nelle scuole bellunesi. Ma è per amore che raggiunge Parigi che diventa sua patria internazionale. Il fermento artistico del mondo parigino in realtà coinvolge il giovane Gino a tal punto da consentirgli immediatamente di realizzare grandi mosaici, opere di abbellimento di palazzi, della metropolitana che ancor oggi ornano la bellezza della Città. Dagli anni ’60, nell’intento di far conoscere i giovani artisti italiani di Parigi, che lo promuovono a loro leader nominandolo poi ufficialmente loro presidente, organizza nel quartiere latino importanti manifestazioni d’arte dando vita a quello che oggi è il Centro culturale “Les Frigos”, noto in campo internazionale.

In seguito vince la cattedra di storia dell’arazzo nella Scuola Superiore di Belle Arti di Parigi. La sua crescita culturale fu in seguito legata al creare, attraverso il colore rosso, un impatto emotivo quasi violento per la passione e la potenza che ne è racchiusa. Il rosso dunque come passionalità, ma non come simbolo di passionalità politica. L’ambiguità è implicita nella natura del colore rosso, Eros e Thanatos, passione e violenza, sangue, carne e fiamma, incandescenza spirituale.

«Per molti anni – ci precisa – ho pensato che la pittura, oltre che un’attitudine a manipolare il colore e a rappresentare immagini e progetti, fosse un mestiere basato in prevalenza su un’idea. Ed ho lavorato in questo senso. Le “idee” alle quali feci riferimento hanno dato origine ad un lavoro apparentemente discontinuo. E la pittura che ne è emersa si è rivelata una continua sperimentazione su colori e forme, quasi una ricerca vera e propria di “valori” , un approdo irto di difficoltà. Oggi, con alle spalle un’esperienza di oltre mezzo secolo, avverto finalmente che la mia pittura si realizza seguendo una pulsione interiore ed istintiva quasi mai suggerita dalla volontà. In realtà mi preoccupa non solo il fine estetico della rappresentazione, ma soprattutto un insieme di sentimenti e di meditazioni, talvolta sconfortanti, che alimentano il mio stato d’essere, lo stesso processo della creazione artistica. Dipingere a questo punto è come vivere un’avventura irta di problemi irrisolti, come percorrere un lungo itinerario in cui la vera avventura (il suo contenuto, cioè) risiede nel viaggio, non nell’arrivo – il risultato pittorico – che in definitiva all’artista interessa di meno. Una vita dedicata a questo mestiere, vissuto fra incertezze, dubbi e continue esitazioni, mi convincono sempre di più che devo proseguire la ricerca di far vivere un giorno di luce propria il colore, i segni e le forme, in piena autonomia. Perciò ogni giorno riprendo i pennelli, con l’entusiasmo degli inizi, alla ricerca disperata della luce della mia Luce».

A questo punto una luminosa ed auspicabile “Vie en Rose ” .

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