Lungo il corso del fiume Piave, partendo dalla chiesa di San Giorgio a San Polo di Piave, sulle pareti di numerose chiese si profilano gli affreschi di Ultime Cene caratterizzate dalla presenza di un crostaceo oggi pressoché scomparso, il gambero di fiume. In un periodo storico che si colloca tra il XIV e il XVII secolo, sono quasi una ventina le chiese della Valbelluna che ospitano questo genere di raffigurazione. Di norma possiamo ammirare questi affreschi sulle pareti settentrionali delle aule, generalmente prive di foronomia e pertanto adatte ad ospitare scene dipinte di ampio respiro.
L’affresco dell’Ultima Cena, infatti, richiede la rappresentazione di almeno tredici personaggi, Gesù e i suoi apostoli, questi ultimi raccolti intorno ad un tavolo e colti in espressione e gesti di stupore di fronte all’annuncio del tradimento immanente. Oltre a Gesù Cristo, di solito rappresentato al centro della scena e in posizione privilegiata, sono tre i personaggi più facilmente riconoscibili: Giuda, dipinto al di là del tavolo mentre regge la borsa dei trenta pezzi d’argento, l’imberbe Giovanni, che appoggia il capo sul petto del Maestro e Pietro, alla destra di Gesù, con una mano sul petto (nell’atteggiamento del Nunquid ego sum, Domine) o mentre brandisce un coltello (quasi a preannunciare l’atto impulsivo con il quale taglierà l’orecchio ad un soldato giunto ad arrestare Gesù nell’orto del Getsemani).
Sul desco della scena di solito compaiono sempre gli stessi elementi: il pane, simbolo del corpo di Cristo, e brocche e calici di vino, simbolo del suo sangue. Più comunemente si intravedono brocche d’acqua e pesci, in riferimento ai miracoli descritti nei Vangeli, ma anche l’agnello, simbolo del sacrificio che Cristo sta per compiere. In alcune si trovano persino dei frutti, come pere, ciliegie e uva, ulteriori simboli evangelici.
Nonostante le evidenti diversità di stile, queste Ultime Cene sono accomunate dalla presenza dei gamberi di fiume, un piccolo crostaceo che nei secoli passati popolava i corsi d’acqua e gli affluenti della Valle del Piave e che, in fin dei conti, ci fornisce la più immediata interpretazione letterale della sua presenza su questi affreschi. Già nei primi estimi del XVI secolo, ad esempio, si evince che il Vescovato di Feltre possedeva presso il paese di Celarda “gambari n. 100”, un numero iperbolico che testimonia l’importante attività di allevamento.
Tuttavia, esistono numerose interpretazioni simboliche, che spaziano dall’esoterico fino all’astrologico, chiamate nel corso degli ultimi decenni a spiegare la presenza dei crostacei. Le più significative, e forse anche le più rispondenti, sono riferite all’aspetto o alle abitudini del gambero. Ad esempio, la sua capacità di rinnovare il proprio carapace si riferirebbe alla morte e resurrezione di Gesù; ma anche il passaggio dal naturale colore grigio del gambero vivo al rosso successivo alla cottura racconterebbe il passaggio dalla grigia vita materiale al vermiglio della regalità divina. Altre teorie, invece, associano il modo di procedere all’indietro del gambero a Giuda che si allontana dagli insegnamenti del Maestro e, di conseguenza, all’eresia.