“Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un’esistenza non convenzionale”
La frase, tratta dal film “Into the wild”, potrebbe riassumere lo spirito con cui ho affrontato l’esperienza di eremitaggio che ho svolto quest’anno a San Donato di Lentiai. L’oratorio di San Donato è un edificio di epoca longobarda addossato alla chiesetta omonima dove, nei secoli passati e fino al Settecento, si è vista la presenza di eremiti dell’Ordine di Sant’Agostino e successivamente del Terzo Ordine Francescano: la scelta di questo luogo per la costruzione dell’oratorio probabilmente fu determinata della vicinanza con gli Agostiniani del monastero di Ognissanti di Feltre, legato alla famiglia dei Conti di Cesana. L’eremo è formato da due piani, collegati da una scala interna: al piano terra vi è una stanza adibita a cucina e al piano superiore, grazie agli interventi di restauro, è stata ricavata una stanza da letto, un locale per la preghiera e riflessione, e un servizio. In tutto l’edificio e nella chiesetta si respira un’atmosfera di raccoglimento e cura.
Ero a conoscenza dell’esistenza di questo sito, ubicato tra la frazione di Colderù e quella di Ronchena, e parlando con il parroco di Lentiai, don Luca, ho avuto conferma della disponibilità di vivere un paio di settimane nell’alloggio annesso all’eremo.
Per me non si è trattato di una ricerca prettamente religiosa o di fede, ma piuttosto spirituale.
Così, con un intento di intraprendere un viaggio interiore nel temporaneo isolamento dalla quotidiana frequentazione sociale, ho iniziato la mia esperienza circa a metà luglio. Non ho portato con me nessun dispositivo elettronico, però ho scelto di vivere questo periodo in compagnia di molti libri. Credevo sarebbe stato semplice rimanere da solo, pensavo sarebbe stato rilassante udire solo i suoni della natura. In realtà ho scoperto che l’isolamento non è per niente facile, il silenzio può tramutarsi in frastuono e la solitudine è molto difficile da sostenere.
Inoltre, non avendo impegni né svaghi, mi sono accorto di quanto lunghe siano 24 ore: una quantità spropositata di tempo. Ho sperimentato la noia, le mie occupazioni principali erano: leggere, camminare, osservare, riflettere, tornare a leggere (ho letto tantissimo, circa un libro al giorno). Ma poi, con il passare del tempo, ho scoperto la bellezza della noia; solitamente consideriamo il tedio uno dei peggiori nemici, finendo per riempirlo in tutti i modi possibili. Eppure la noia si è rivelata fruttuosa e stimolante: mi ha permesso di fermarmi, mettermi a nudo e analizzarmi. Gli ultimi giorni ho potuto provare sulla mia pelle l’ozio più prolifico che abbia mai vissuto…
Per concludere: non ho trovato in questo periodo le risposte tanto agognate, solamente altre domande, solo un po’ più specifiche, ma d’altronde non potevo sperare di meglio! So già che quanto vissuto mi accompagnerà a lungo, come esperienza di ricerca, riflessione e scoperta di tanti aspetti di me che la frenesia e la distrazione del vivere non mi avrebbero permesso di coltivare.
… E se tra i lettori vi fosse qualcuno interessato a sperimentare un’esperienza simile nell’eremo di San Donato, può contattare e chiedere la disponibilità a don Luca, parroco di Lentiai.