A Campel Alto ci si rimbocca le maniche. La dimostrazione di ciò risulta essere la perseveranza di una famiglia che con il proprio impegno, terminata la giornata di lavoro ordinario, continua a curare e accudire il territorio come il nostro,che di potenzialità ne ha molte… basta solo iniziare a coglierle!
Lassù, dove finisce l’asfalto ed inizia il sentiero sterrato che porta sul monte Palmar, Elisa Casagrande accoglie gli ospiti con un sorriso. Ricorda subito le parole del nonno Giovanni: «Quasù le an bel posto par i animai, de segur no l’e facile come do in pianura. Ma co la fadiga la é tanta, dopo anca la sodisfazion la é ben de pì». Sono passati molti anni ormai da quando il primo cavallo, voluto dalla figlia Denise a undici anni, arrivò a pascolare e a galoppare per i pendii di Campel ed ora, tra le varie razze di Norico, Belga da tiro, Arabo e Pony shetland, le stalle contano un totale di dieci capi equini e quattro asini. Sono pronti a galoppare per i prati, portando in sella adulti e bimbi.
«Insieme si fa tutto ma tutti devono saper fare tutto in quest’attività» dice sorridendo Silvano, il marito di Elisa, appena rientrato in casa, dopo aver finito di fare la manutenzione all’imballatrice. «Ora vengono usate balle di fieno quadre perché più pratiche per essere movimentate rispetto alle grosse balle tonde usate all’inizio, che, ahimè, ogni tanto si avviavano in autonomia verso il fondovalle e la cui corsa solitamente terminava grazie alla vegetazione incolta», racconta Denise.
Se però oggi anche voi un sabato o una domenica deciderete di farvi una passeggiata sui monti e salirete per Campel Alto, sicuramente non troverete più la boscaglia o i rovi in cui vi sareste imbattuti qualche anno fa, perché ora questo angolo di Valbelluna è manutenuto regolarmente da questa volenterosa famiglia e dai suoi animali che pascolano liberamente.
La notte inizia a trascinarsi in cielo le stelle e una luna che ricorda lo Stregatto di Alice nel paese delle Meraviglie illumina e rende magico questo scenario naturale. Elisa però, prima di coricarsi, ha un bel auspicio in serbo: «Mi piacerebbe che tutti noi riuscissimo a risintonizzarci un po’ di più su quello che è il vero spirito umano, a rallentare i nostri ritmi resi sempre più frenetici da una società che non sa più quello che realmente vuole. Mi piacerebbe che trovassimo il tempo di sederci guardando un bel tramonto, un’alba o un bel panorama. E se per caso qualcuno fosse di passaggio e avesse voglia di fare quattro “ciacole” in tranquillità, qui tra una strigliata e l’altra il tempo lo si trova sicuramente».