Grido di allarme dalla Ideal Standard di Borgo Valbelluna. L’azienda ha annunciato che sta vagliando alcune ipotesi per il futuro dell’ex Ceramica Dolomite tra cui la possibile chiusura del sito produttivo di Trichiana per delocalizzare la produzione in paesi in via di sviluppo, come Cina, Egitto e Bulgaria. Una situazione che creerebbe un dramma sociale in quanto sono ben 475 i lavoratori che operano all’interno.
LA SITUAZIONE
All’inizio del 2020 anche la Ideal Standard ha risentito della pandemia tant’è che è stato necessario svolgere diverse giornate di cassa integrazione. Quello che aveva lasciato perplessi i sindacati che seguono l’azienda è che il sito di Trichiana è stato quello più interessato dall’utilizzo di questo ammortizzatore rispetto a tutti gli stabilimenti del gruppo. Già allora i sindacati avevano quindi chiesto alla proprietà i dati produttivi, senza avere mai una risposta. Per questo, a novembre, le organizzazioni sindacali hanno chiesto appuntamento al Mise e alla Regione con l’obiettivo di avere dall’azienda delle garanzie rispetto al piano industriale. L’azienda si è presa l’impegno di far avere il piano industriale, ma nello scorso mese di marzo ha comunicato alla Regione di non avere intenzione di fornirlo. Parallelamente alla non presentazione del piano industriale da parte del gruppo, hanno iniziato a circolare delle voci attendibili per cui la proprietà vorrebbe chiudere entro fine anno lo stabilimento di Trichiana, e spostare la produzione in paesi in cui il costo del lavoro è evidentemente più basso. Proprietà che non gode di ottima salute. Dai numeri forniti dai sindacati, il gruppo ha ad oggi 2 miliardi di debito e paga 250 milioni di interessi all’anno per coprire questi debiti a fronte di 70 milioni di redditività.
LE INIZIATIVE
Sindacati e lavoratori non sono rimasti con le mani in mano. In queste settimane hanno indetto oltre 16 ore di sciopero che hanno toccato, a rotazione, un po’ tutti i reparti che compongono lo stabilimento. L’obiettivo era infatti quello di creare il maggior danno possibile all’azienda arrecando la minor perdita per i lavoratori. È stata indetta anche una raccolta firme a sostegno della vertenza; le oltre 600 firme sono state consegnate al presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin il 31 marzo scorso quando ha compiuto un giro dello stabilimento ed incontrato i lavoratori.
IL MINISTERO
Le manifestazioni hanno raccolto l’attenzione dei piani alti tant’è che il 30 marzo c’è stato un primo incontro (in videoconferenza a causa della pandemia) con il Ministero dello sviluppo economico. Un incontro in cui i sindacati si attendevano il piano industriale che puntualmente però non è arrivato. L’azienda si è celata dietro ai problemi legati alla pandemia ed all’instabilità del mercato. Durante il dibattito però il gruppo australiano non ha nascosto di avere sul proprio tavolo una serie di ipotesi, tra cui la chiusura del sito, ma che ad oggi nessuna decisione è stata presa. Insomma, parole tutt’altro che rassicuranti. La discussione è aperta. Il 15 aprile ci sarà un incontro tra azienda e sindacati presso l’associazione industriali di Belluno. In vista di questo appuntamento i sindacati hanno deciso di proseguire la raccolta firme in alcuni mercati di Borgo Valbelluna e del Feltrino; petizione che sarà inviata anche al presidente della regione del Veneto, Luca Zaia. L’auspicio delle organizzazioni sindacali è però che il Governatore venga a visitare il sito di Trichiana e di poter consegnare la raccolta firme personalmente. I sindacati vanno cauti ma se l’azienda non prenderà degli impegni chiari e scritti sono pronti ad intraprendere anche le vie legali per difendere il futuro del sito e dei suoi lavoratori. Una situazione difficile che corre parallela a quella di un’altra azienda del territorio di Borgo Valbelluna: l’Acc di Mel, di cui abbiamo parlato nello scorso numero, e di cui ancora si attendono sviluppi.