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Decrescita non significa recessione

come programmare migliorie ambientali e sociali

Decrescita non significa recessione

come programmare migliorie ambientali e sociali
Narcisi - Foto di Bruno Boz

Eccoci tornati con un altro progetto propositivo sul come affrontare la crisi climatica. In molti parlano di troppi sprechi, di troppi consumi e che bisogna riciclare il più possibile. Ebbene, finalmente ci siamo accorti che la nostra società si è basata per troppo tempo su valori vuoti quali il consumo frenetico. Il tema che vi presentiamo qui di seguito tratta queste problematiche e ne affronta anche altre di più profondo concetto, ma alle orecchie di alcuni lettori potrebbe sembrare in realtà una bestemmia.

Mentre stiamo scrivendo, stiamo vivendo la crisi legata al Covid-19. A livello ambientale le emissioni sono diminuite come conseguenza allo stop di trasporti, alla riduzione dei consumi e delle produzioni. L’aria della Val Padana è più respirabile, l’acqua di Venezia è trasparente, gli animali si stanno riprendendo quelle aree che noi abbiamo abbandonato. Ma a livello economico-sociale non va altrettanto bene per molte ragioni. Stiamo, infatti, entrando in un periodo di recessione, che ha tre grossi problemi: non è stata una scelta intenzionale né democratica, è successo e basta; è temporanea, quindi anche i benefici ambientali che porta lo sono; infine, la recessione affligge soprattutto i più fragili e meno coloro che stanno bene, inasprendo così le disuguaglianze. C’è la possibilità, invece, di programmare un graduale miglioramento delle condizioni ambientali e sociali attraverso una pianificazione della società dove le risorse limitate del nostro pianeta possono essere distribuite equamente ed utilizzate in maniera eco-compatibile.

Già nel lontano 1972 dei ricercatori del Mit ci insegnavano che un sistema economico basato sull’aumento infinito di consumi e produzioni, su di un pianeta finito, non era fisicamente possibile. Da allora una branca dell’economia (bio-economia) e congiuntamente molte discipline sociali (ad esempio sociologia) hanno studiato modelli socio-economici che potessero rispettare questi limiti dettati dal pianeta e qui ve ne proponiamo uno.

Innanzitutto, bisogna cambiare il paradigma sociale del “più veloce, più alto, più forte” basato sulla competitività: esso produce una perenne accelerazione delle nostre vite, stress ed esclusione, distruggendo il tessuto sociale e l’ecosistema naturale. È necessario invece basarsi sulla cura dell’altro (persone e non), solidarietà e cooperazione; tutti valori già insiti nella nostra società ma per troppo tempo ignorati (sebbene sembra che il Covid-19 ci faccia accorgere della loro importanza). Questo implica una necessaria decelerazione dei ritmi attuali: una riduzione della produzione e dei consumi nei paesi “sviluppati” (dove sprechi ed oggetti futili abbondano) e maggiore libertà per i paesi del Sud del mondo, in modo che siano questi ultimi a stabilire cosa significa “benessere”, lasciando la possibilità di non percorrere la nostra stessa strada.

Serve inoltre un’estensione della democrazia che ottenga la più ampia partecipazione politica cosicché le decisioni non vengano prese da chi ha più potere economico e politico. Ancora, un orientamento verso la sufficienza più che un aumento di soluzioni tecnologiche per maggior efficienza, utilizzando queste ultime per ridurre sprechi e risolvere problemi ecologici. Infine, la creazione di economie localizzate ma aperte e connesse tra di loro. Quello che serve, per gli scriventi, è appunto una decrescita dell’attuale ed un cambio di rotta!

Contrariamente a quello che forse viene facile pensare, decrescita non vuol dire recessione. Non riuscire a trovare lavoro è recessione, lavorare part-time è decrescita. Non riuscire ad avere i soldi per mantenere due macchine è recessione, usare il trasporto pubblico è decrescita. Mangiare al fast food perché costa meno è recessione, mangiare in compagnia dei vicini è decrescita. Acquistare vestiti di bassa qualità e basso prezzo è recessione, comprare dall’artigiano locale è decrescita.

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