L’arte di Dario Sogmaister arriva da lontano, in sordina da dietro le quinte, iniziando a collaborare con “i Lemuri” nell’allestimento di scenografie teatrali, poi nella costruzione di carri mascherati. La sua creatività è protagonista nei grandi eventi che, negli anni 80, fioriscono a S. Giustina, come il teatro, il Karneval in Piaza o il Karneval Folk. Dopo le grandi ribalte, le pause aiutano gli artisti a rigenerarsi. «Ero a Efeso e fui colpito dalla magnificenza di un antico mosaico romano. Sembrava appena realizzato, eppure aveva almeno 2000 anni. Son tornato a casa con questa ispirazione». Dario l’infanzia la passa proprio vicino alle rive del Piave, luoghi di acqua e pietra. Materia prima per la sua arte. I sassi del Piave sono una miniera di colori, per sceglierli basta andarci in un giorno di pioggia. «Qui si trova di tutto, dalla pietra rosa del Peralba, alla dolomia, a pezzi di quarzite. Non occorre andare in su a prendere i sassi, il Piave te li porta a casa, un servizio a km zero. L’unico colore che manca è l’azzurro. Ci sarebbe un’azzurrite, ma non è adatta a quest’uso, perché si sgretola».
UN ARTISTA INTERNAZIONALE
Ancora oggi, dopo 25 di arte mosaicale, Dario sperimenta pietre e sassi. Un continuo connubio tra artista e materia, sempre alla ricerca del meglio. «Attraverso l’uso della materia, l’artista va verso la gente in una sorta di dialogo, favorisce un’alchimia di sensazioni a chi sta ammirando l’opera». Dopo il suo primo lavoro (una Madonna con Bambino), la sperimentazione continua e incuriosisce un antiquario, che propose i suoi mosaici in giro. Dario scoprì che “fuori del suo garage” c’era un mondo sconosciuto che apprezzava le sue realizzazioni. Spronato da questo inaspettato riscontro, inizia a farsi vedere alle mostre di Feltre e Belluno. In meno di cinque anni l’artista Sogmaister è a Parigi tra i rappresentanti artistici italiani. Poi Firenze, Roma, Milano e in mille altre piazze di mezz’Italia.
ARTISTA ARTIGIANO
Queste vetrine lo fanno conoscere, ma l’artista ha bisogno di tornare a casa tra i suoi attrezzi; di impugnare il martello, spaccare la pietra e di iniziare un nuovo lavoro. «La difficoltà è impostare il mosaico, dopo i colori devono iniziare a rincorrersi senza conflitti o attriti. Paragonabili agli acquerelli, i colori delle pietre non sono vivi, non sarà l’assenza cromatica a renderli brillanti, ma le sensazioni che l’armonia della posa sapranno esprimere». È proprio qui il “geniale segreto” di Dario: le opere sono l’espressione della sua passione che genera un dialogo artistico con la gente che si avvicina a quest’arte “senza tempo”. «Il mosaico mi ha fatto conoscere cose che prima ignoravo in me. Mi ha aiutato a creare comunicazione con le persone. Da introverso, per me il bello era fare l’opera, non mostrarla. Il mosaico mi ha aiutato ad aprirmi con le persone, anche con il linguaggio della manifattura in presenza».
EVOLUZIONE
Dal quadro tradizionale, l’arte e la tecnica si evolvono negli anni. «Sono sempre alla ricerca di sperimentare qualcosa di nuovo, come il mosaico inserito nelle pareti di un muro, poi in ceppi di ulivo o pietra con pietra, ed infine con il ferro. Sto pensando alla tecnica in rilievo e tridimensionale. Per un momento è solo un’idea, ma ben presto mi metto alla prova».
AMBASCIATORE
Durante le mostre artigianali, Dario si fa “ambasciatore” del nostro territorio, promuove le bellezze delle Dolomiti bellunesi, anche se il suo cognome confonde un’origine altoatesina. «Il mio cognome è la coniugazione di due termini “Zôk – maister”, “capo taglialegna”». Chissà, forse da qui nasce il suo amore con l’ambiente. “C’è un rapporto molto profondo, arcaico e misterioso, tra Dario e la terra. Un cordone ombelicale mai reciso; la radice di una pianta che trova nel profondo la sua vita, il nutrimento e il suo senso” .