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Come vincere la dismorfia

attraverso la consapevolezza di sé

Come vincere la dismorfia

attraverso la consapevolezza di sé

Guarda che orecchie a sventola che ho! Come posso mettere quell’abito con questa pancia?. Non voglio uscire, nessuno deve vedere il naso che mi ritrovo.

Cos’è la dismorfia? Forse disagio di qualcosa che c’è sotto? Forse distorsione della realtà? Forse ansia, malessere, difficoltà? Forse perfezionismo? Forse un po’ tutto questo. La dismorfia (o dismorfismo corporeo) è una condizione psicologica per cui una persona si fissa su una caratteristica o su più caratteristiche del proprio aspetto esteriore, notando imperfezioni o difetti che ad altri appaiono minimi o inesistenti.

Come possiamo immaginare, può colpire chiunque. Purtroppo, però, è più frequente negli adolescenti e nei giovani, che sono proprio coloro che hanno meno strumenti per raggiungere un’effettiva consapevolezza di sé o per chiedere aiuto. E sono anche i più bombardati da stimoli che, per un cervello “vergine” e assorbente di tutto ciò che vede, possono rivelarsi nocivi per la salute mentale (e fisica): i filtri di Instagram (naso microscopico e labbra canotto), le pubblicità di modelle perfette (e ritoccate da Photoshop), i prodotti “magici” sempre più accessibili sul mercato (e sempre più deleteri, se usati inconsapevolmente) sono solo degli esempi.

Ma allora cosa possiamo fare per aiutare chi si trova in questa situazione? La parola magica è, ancora una volta, “consapevolezza”. Educare alla consapevolezza di sé, del proprio corpo, della propria unica, inimitabile, speciale, eterna bellezza. Alla consapevolezza che quello che vediamo alla tv, su Instagram, sui giornali non corrisponde (sempre) alla realtà; alla consapevolezza delle proprie potenzialità, dei propri meravigliosi pregi, dei doni che ognuno di noi ha, attorno a sé ma, prima di tutto, dentro di sé.

Alla consapevolezza, perché no, di poter valorizzare anche i propri pregi estetici, di potersi sentire bene con se stessi anche indossando un abito nuovo e che calza a pennello, andando dal parrucchiere o dall’estetista, facendo uno sport che piace, mangiando in modo sano ed equilibrato, certo; ma che tutto questo acquisisce un vero senso e un vero valore solo se accolto con serenità, benessere, soddisfazione, realizzazione personale.

Consapevolezza, appunto, di sé. Come essere meraviglioso e unico, non come essere perennemente imperfetto e (auto) giudicante. E, per ultima ma non per importanza, mettiamoci anche un pizzico della nostra cara, bizzarra ironia. Perché ci permette di vedere le cose attraverso lenti colorate, di alleggerire il nostro mondo e di chi ci sta attorno, di sollevarci un po’ e di osservare, ogni tanto, le cose un po’ più dall’alto. Dite che forse, a guardarci dall’alto, anche i nostri “difetti” si facciano un po’ più piccolini?

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