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Centrale di Salgarda

in abbandono

Centrale di Salgarda

in abbandono

Che i meriti siano rivendicati con ardore è una realtà quotidiana, invece colpe ed errori non li vuole nessuno. Senza entrare nel merito di scelte fatte, che sarebbe materia spinosa, ci limitiamo a prendere atto della situazione, lasciando che ognuno tragga le proprie conclusioni, scommettendo però che molti ex amministratori, o attuali, non abbiano mai visitato la centrale di Salgarda. Pur ricadendo in comune di Cesiomaggiore, essa è da decenni proprietà (vergognosamente abbandonata) del Comune di Feltre dal 1974.

Un po’ di storia
La centrale venne costruita nel lontano 1897 e l’impianto consisteva in una presa, un canale derivatore e una condotta forzata con un salto di ml. 22. Azionava tre turbine da 70 kWh cadauna e l’energia elettrica prodotta veniva portata verso Feltre e verso Belluno con una linea che seguiva la strada formata da ben 800 pali in legno di castagno, serviva anche i Comuni di S. Giustina e Sedico oltre al paese di Villabruna; cessò il servizio a metà degli anni 60 del secolo scorso, dopo il Vajont.
Da una ricerca di Nino Gris si evince che fu progettata nel 1895 dall’ing. Giacinto Norcen per la ditta Smirrel; l’impresa Bisutti e Zannoni iniziò i lavori e già nel 1897 l’impianto è in parte funzionante a Feltre. Nel 1901 continuano le prove tecniche e il 10 luglio 1902 vengono installate a Villabruna quattro lampadine ad incandescenza di 16 spermaceti (candele); nel 1903 la città viene illuminata da 125 lampadine.

A gestire la centrale erano negli anni 50 le famiglie di Arturo De Boni (dipendente Sade) e Assunta col figlio Giacomo, scolaro; vi abitava, perché due erano gli alloggi ora crollati, anche la famiglia Tonin con mamma Gina vedova e i quattro figli: Sante (dipendente Sade), Vito, Giampaolo e Dino. Quest’ultimo ricorda la frequentazione della scuola di Villabruna e la arcinota maestra Bianchi, ancora vivente. Vi prestavano servizio i fratelli Enrico e Antonio Ropele e i cugini Bruno e Armando; quando l’impianto era fuori servizio per manutenzione, tutti i dipendenti e loro famigliari erano d’obbligo impiegati alla pulizia di canale derivatore, vasca di carico, briglie, filtri e pozzi piezometrici.

Interessante il rapporto di servizio di giovedì 10 ottobre 1943 di De Boni che enumera la produzione: 1° gruppo kWh 1.680, 2° 1.440 e il 3° 1680 per un totale di ben 4.800 kWh (annotava anche le condizioni meteo: era sereno!). Dalla documentazione, gentilmente fornita da Dino Tonin e dallo scomparso alpino Giacomo De Boni, si evince che allora Salgarda era in ottime condizioni, i salti erano due, cioè Salgarda Vecchia e Busette di Fianema, ove abitava la famiglia Baldissera.
Aspetti idrico-ambientali
Uno degli argomenti, talvolta addotti eccessivamente, è stato il rilascio minimo vitale per salvaguardare la fauna ittica del torrente Caorame che si rinforza con lo Stien. I “bocie ”di allora raccontano, infatti, che vi era una quantità notevole di trote e la madre di Dario Turrin al mattino ordinava ai tre figli di procurare il pranzo: lei faceva la polenta e loro in breve tornavano con decine di gamberi e scazzoni (marsoi).
Ora la fauna ittica e pressoché scomparsa anche grazie a nuovi “foresti” saccheggiatori , cioè l’airone cenerino e i cormorani che distruggono il novellame vanificando gli sforzi di ripopolamento. Nemmeno l’acqua è più la stessa causa eccessivo uso di detersivi, diserbanti e concimazioni chimiche.

La situazione oggi
Ora purtroppo la situazione è disastrosa: non basta certo un cartello di pericolo di crollo! Pensare che negli anni 40-60 il sito era meta di passeggiate di scolari e i giovani andavano a giocare al pallone. A suo tempo vi fu un progetto di Primiero Energia e poi di Bim che prevedeva di bypassare i due salti per ottenere un impianto economicamente più competitivo alla Busette di Pullir, poi abbandonato dal Comune di Feltre (aveva il 51% mentre Cesio il 49%). Con una corretta gestione il “sistema” idroenergetico Salgarda avrebbe da decenni potuto produrre energia pulita, procurando qualche posto di lavoro. Comunque lasciare questi fabbricati diventare ruderi non è un bell’esempio: a Salgarda, sotto il tetto crollato, sono stati depositati banchi di scuola, rifiuti, legname di ogni tipo, anche di valore storico-artistico, alcuni sembra provenienti da ristrutturazioni locali.

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