Il rapporto tra Celarda e l’acqua si è sempre basato da una parte sulla ricchezza sia economica che naturale che il Piave e il rio Celarda hanno portato per secoli al paese, dall’altra sul fatto che le maggiori distruzioni, oltre alle guerre, sono state causate dalle alluvioni avvenute in duemila anni. Sui libri di storia locale, in primis nei quattro volumi “Storia di Feltre” di Cambruzzi-Vecellio, troviamo i primi riferimenti riguardanti Celarda e i suoi mulini nell’anno 1220; a tal proposito si dice che i trevigiani in guerra con Feltre devastano e bruciano “le ville e i molini del Miesna”, e ai piedi del monte c’è Celarda con i suoi due mulini. Si narra poi che nel 1330 il villaggio di Celarda viene travolto da un’inondazione. Nello stesso secolo, ma qualche decennio più avanti, esattamente nel 1386, il Vescovo di Feltre Antonio Naseri rivendica i suoi diritti sul Piave e sul Celarda.
“Le nasse per catturare i pesci nel Piave e nella Celarda.
E nota, come sopra, che il signor Vescovo ha giurisdizione nel seguente modo sul fiume Piave che scorre nell’episcopato di Feltre e Belluno, che cioè nel detto fiume nessuno, di qualsiasi condizione e stato, possa costruire o far costruire un mulino, una falegnameria, una fucina o una costruzione o qualsiasi altra opera, senza speciale licenza dello stesso signor Vescovo o dell’Episcopato. Inoltre, come sopra, che nel detto fiume, quindici giorni prima della festa di san Martino e altrettanti giorni dopo detta festa, nessuno possa edificare, costruire qualche nassa o qualche altro edificio o [lo possa] far edificare, [così] che i pesci siano in qualche modo catturati senza la licenza del predetto signor Vescovo. […] l’altra nassa, invero – nella fonte che scorre attraverso il villaggio di Celarda, nel centro di detto villaggio – deve essere costruita dai mazzieri della Degania di Villapaiera. E tutte le predette cose sono note a tutti, sia ai Feltrini che ai Bellunesi, ecc.”
Questo ci porta a capire quale importanza avesse un corso d’acqua, anche di piccola portata come il rio Celarda nel Medioevo!
Mentre il rio che attraversa il paese veniva sfruttato per la forza idraulica che riusciva a produrre, verosimilmente il Piave, fino all’alto Medioevo, contribuiva ad arricchire la famiglia dominante sul villaggio (i Da Celarda) con le gabelle sul transito delle zattere e/o delle merci varie.
Negli estimi della Serenissima relativi a Celarda scopriamo che i molini in attività negli anni 1677-1687 sono due ed entrambi continuarono la loro attività fino al secolo scorso. Il molino di Sebastian Dal Molin, posizionato all’inizio del paese (per chi arriva da Anzù), continua la sua attività, cambiando proprietari, fino agli anni 30 del ventesimo secolo, divenendo in seguito normale abitazione. L’altro molino si trovava in fondo al paese sulla strada che porta al Piave e terminò la sua attività nel secondo dopoguerra. Il proprietario, figlio dell’ultimo mugnaio, riciclò canali e corso d’ acqua creando una peschiera che rimase in attività fino agli anni 90.
Il corso del rio Celarda, o scolo delle Celarde secondo alcune mappe seicentesche, rimase pressoché immutato a parte i tratti a monte e a valle dei due molini fino agli anni 30 del Novecento, quando cominciò la bonifica del Pasquer. Da qualche decina di metri a valle delle sorgenti, poste in località Fontane (nome emblematico) ai piedi dei Collesei, tutte le curve e le anse del rio vennero eliminate, il fondale abbassato, e le rive in gran parte messe in sicurezza con pietrisco vario e qualche muro di contenimento, di cui rimangono ancora evidenti tracce, il tutto fino a cento metri a valle del primo opificio. In concomitanza, o appena prima, cessò l’ attività del molino che fu di Sebastiano nel 1677; infatti con la bonifica spariscono i canali che portano l’acqua alle ruote del suddetto molino. Abbassando il livello del corso d’acqua e creando fossi e piccoli canali che vi confluivano, venne reso coltivabile il luogo detto Pasquer, precedentemente paludoso.
Alla fine dell’Ottocento, ad opera di 12 abitanti del paese, venne costruito il “Casel”; anche per esso venne sfruttata la forza motrice dell’ acqua e la cooperativa che vi operava rimase attiva fino agli anni 60. Con la chiusura della suddetta latteria turnaria, calano in modo drastico le piccole stalle e il numero di bovini in esse presenti; sparisce con loro, anche la consuetudine di portare le bestie ad abbeverarsi nel rio Celarda. Qualche anno dopo, con il boom economico in pieno corso, il comune inizia a levare le fontane pubbliche dal paese, due con vasca e cinque a colonna.
Negli stessi anni iniziò un nuovo uso del fiume da parte degli abitanti di Celarda: il Piave divenne la spiaggia del paese e l’acqua passò così da risorsa economica a cosa ludica! Infatti anche la pesca, non più fonte quasi indispensabile di cibo, si trasformò pian piano in sport e anche in paese, negli anni 70, si creò una società di pesca sportiva, la Val dell’Acqua, dal nome di una piccola sorgente che sgorga dalle pendici del Monte Miesna.
La nota dolente portata dall’acqua sono state le cicliche alluvioni, che hanno devastato, modificato e a volte distrutto parte del paese. Oltre alle numerose inondazioni citate nei libri di storia locale ve ne sono alcune, tra il 1850 e il 1900, che cambiano in modo radicale la parte bassa di Celarda: spariscono in quegli anni una strada, un ponte e diverse case. Solo negli anni 40 del secolo scorso iniziano i lavori di consolidamento delle rive, con la costruzione dei primi argini a difesa del Vincheto e del paese. E sono gli argini a limitare i danni nel novembre del 1966, facendo in modo che l’ acqua, che comunque sommerse la parta bassa del paese, fosse di riflusso e non la distruttiva corrente che tanti danni fece nei secoli passati.
Attualmente la ricchezza d’acqua che circonda Celarda fa sì che il Vincheto e tutta l’area circostante siano diventati un luogo di interesse naturalistico di notevole importanza; non dimentichiamo che la succitata riserva rientra nelle aree umide di interesse internazionale, richiamando in paese ogni anno migliaia di visitatori.