Passeggiare in alcune zone della Valbelluna è un piacere per l’anima e per il corpo, trasmette uno straordinario senso di pace. Il paesaggio è una tavolozza di contrasti, di luci e ombre, di profumi fioriti e delicati. Si respira la luce e l’odore minerale della terra e del bosco. Siepi, alberi, fossati si susseguono in composto equilibrio. Capita, però, di imbattersi in filari lunghi e ordinati di viti o in estensioni di meleti che danno al paesaggio una connotazione ben precisa e piuttosto uniforme. La professoressa Viviana Ferrario, docente dell’Università IUAV di Venezia, afferma che «il paesaggio è sempre destinato a trasformarsi, è la sua trasformazione. Le forme del paesaggio sono sempre frutto di interazione tra processi naturali e processi umani e sono pertanto in continuo cambiamento. È una specie di libro che si può leggere, però servono delle chiavi di lettura e anche un certo allenamento perché non ti dice mai tutto, però ti suggerisce un sacco di domande.»
La prima domanda che lo scrittore Giannandrea Mencini, autore del libro “Bio avversità. Il vizio delle monocolture nelle terre alte” si è posto è quanto sia rilevante la perdita della biodiversità nel nostro Paese a causa del proliferare delle monocolture agricole. Egli intraprende un viaggio di indagine che lo porta a studiare la diffusione del prosecco nel Nordest, dei meleti della Val di Non, dei noccioleti in centro Italia, riportando testimonianze sulle conseguenze ambientali e sociali che comportano.
La diffusione delle monocolture agricole ha la sua ragione d’essere nella produzione intensiva basata sulle richieste della grande distribuzione ed ha, come contraltare una perdita di diversità ecologica, un crescente accentramento delle economie del cibo, un livellamento dei gusti e delle caratteristiche nutritive dei cibi e un maggiore uso di pesticidi e concimi chimici. I campi, sempre più invasi da coltivazioni intensive, non riescono autonomamente a difendersi dalla diffusione di muffe e funghi, mentre la diversità di coltivazioni garantisce una maggiore fertilità del terreno e un consolidamento dei territori contribuendo e prevenire frane e scivolamenti. Ma esiste una soluzione alternativa più attenta al mantenimento di un ambiente sano e naturale?
Un modello diverso è quello della coltura promiscua, la cosiddetta “agroforestazione”, nella quale siepi ed alberi sono alternati con le colture erbacee. In questo modo nella stessa unità colturale si inseriscono almeno due colture che non debbano entrare in competizione, ma sfruttano gli effetti positivi della loro interazione. Anche in previsione delle annunciate trasformazioni climatiche ed ecologiche, la nostra agricoltura dovrà essere sempre più attenta a tesaurizzare la specificità dei prodotti locali e la loro qualità, con produzioni impegnate a mantenere un ambiente sano e a conservare la biodiversità legata ai valori culturali e sociali del nostro territorio.
Come afferma Letizia Bindi nella prefazione del libro, «praticare un’agricoltura sostenibile capace di veicolare una forma diversa di fare economia e società, fatta di circolarità, partecipazione, beni comuni, rispetto, uso consapevole e calmierato delle risorse» dovrebbe essere l’intento delle nostre comunità. La nostra provincia è il luogo ideale dove sperimentare e condividere nuovi modelli di gestione territoriale sostenibili fondati sulla ricchezza delle diversità colturali e naturali. In armonia con i paesaggi naturali che abbiamo ancora la fortuna di osservare in molti posti della Valbelluna durante le nostre passeggiate o dalle finestre delle nostre abitazioni.